Il corteo di morte

Il corteo di morte

In coda, nel cuore della notte. Il lento incedere del corteo funebre senza un solo famigliare a stargli dietro, a pregare per quelle vite spezzate dal virus maledetto che stronca la respirazione. Le immagini che ieri sera ci sono arrivate da Bergamo raccontano più di ogni altra il dramma che stiamo vivendo. Il coronavirus ci sta mettendo in ginocchio e, nonostante i continui sforzi dei medici in prima linea e della comunità scientifica che si sta affannando per trovare una cura, il numero dei morti continua a salire inesorabilmente. Così la fragilità del vivere ci strappa anche la speranza di venirne fuori.

È toccato all’esercito portare le bare via da Bergamo. Nelle ultime ore si sono accumulate una dopo l’altra mentre i respiratori delle terapie intensive non riuscivano più a tenere i contagiati aggrappati all’ultimo esile soffio di vita. Se ne sono andati via così, a decine, soffocati come sott’acqua. I loro corpi non avranno una normale sepoltura. Le misure per contenere il contagio lo vietano. E così, ieri sera, i cittadini di Bergamo hanno assistito – ammutoliti – a un corteo funebre che non dimenticheranno mai. La colonna di trenta mezzi militari ha attraversato il cuore della città, dal cimitero monumentale all’autostrada, per portare gli oltre settanta feretri che il camposanto non riesce più a gestire. Da quando l’epidemia ha iniziato a dilagare nelle valli, l’attesa per cremare i cadaveri ha presto superato la settimana. Troppo per evitare il collasso di strutture non abituate a un eccidio del genere. “In Val Seriana ormai si sentono solo le sirene delle ambulanze e le campane che suonano a lutto”, ha raccontato all’Ansa Roberta Zaninoni. Il padre Giuseppe, di Alzano Lombardo, è morto anche lui per il terribile morbo arrivato dalla Cina. “Forse – ha detto – la gente che non abita qui non se ne rende conto, ma nella nostra valle si muore come se fossimo in guerra”.

Da quando è esplosa l’epidemia, molti faticano a capire la gravità del momento. Le immagini di Bergamo ci colpiscono come un pugno nello stomaco: più di ogni altra ci sbattono in faccia la tragicità che stiamo vivendo e ci obbligano a riflettere. Prima di oggi la nostra generazione le aveva viste solo in televisione o al cinema, in quei film che a Hollywood simulano un mondo devastato dalle pandemie o dalle guerre nucleari. Oggi sono vere. Le tocchiamo con mano, le proviamo sulla nostra pelle. E ci rimarranno addosso per sempre. Probabilmente aiuteranno a piegare gli irresponsabili che non rispettano i divieti o a rendere più umani quei burocrati che, anche davanti al mondo sconvolto dalla calamità del coronavirus, si aggrappano a clausole, regole e burocrazia.

Nel frattempo noi, che chiusi in casa cerchiamo di sfuggire al contagio, ci riscopriamo più deboli: in un’epoca, che ci aveva illuso di essere onnipotenti, capiamo infine di essere solo uomini impotenti davanti al futuro.

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