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Così la Francia ci ha aiutato nel blitz in Mali

"Un cadeau, un regalo dei francesi. Si potrebbe definire così la liberazione dei due ostaggi italiani in Mali", spiega una fonte del Giornale, che ha seguito la vicenda, soprattutto di padre Pier Luigi Maccalli, fin dall'inizio.

Così la Francia ci ha aiutato nel blitz in Mali

«Un cadeau, un regalo dei francesi. Si potrebbe definire così la liberazione dei due ostaggi italiani in Mali», spiega una fonte del Giornale, che ha seguito la vicenda, soprattutto di padre Pier Luigi Maccalli, fin dall'inizio. Non proprio un «regalo» gratuito, ma che deriva dall'impegno del nostro Paese nella Task force Takuba, una nuova missione a guida francese proprio in Mali e negli altri Paesi dell'area infestati dal terrorismo jihadista. «Il nostro contributo è fondamentale per i francesi. Siamo gli unici ad esserci impegnati a fornire un supporto di elicotteri poderoso, soprattutto per l'evacuazione medica, che verrà dispiegato il prossimo anno. Altri si sono tirati indietro», rivela al Giornale una fonte militare.

L'Aise, il servizio segreto per l'estero, ha così partecipato ad «un'intensa e meticolosa attività di cooperazione» nell'area calda del Sahel con la Dsge (Direction generale de la securite d'Etat), l'intelligence francese. E Parigi, anche dopo il colpo di stato in Mali del 18 agosto, ha un canale privilegiato con i servizi ed i militari del Paese.

La liberazione dei due ostaggi italiani è legata a filo doppio a quella di Sophie Pétronin, ultimo ostaggio francese nel mondo, e del leader dell'opposizione maliana Soumaila Cissé, rilasciati assieme ai nostri connazionali.

Secondo l'esperto francese di terrorismo jihadista Wassim Nasr, il rilascio di Cissé è stato deciso ad aprile e i francesi hanno fatto inserire nel pacchetto la cooperante di 75 anni Pétronin. Non è un caso che proprio il 6 aprile salta fuori un video di «prova in vita» di Maccalli e Nicola Chiacchio, i due ostaggi italiani. I sequestratori sono sempre gli stessi del Gruppo in sostegno all'islam e ai musulmani ispirato da Al Qaida.

In agosto l'accordo per il rilascio degli ostaggi, almeno il politico locale e la francese, è chiuso, ma scatta il golpe in Mali. L'aspetto interessante è che l'intermediario fra il governo di Bamako ed i sequestratori rimane lo stesso anche con la nuova giunta militare. Oltre ad un po' di soldi, la posta in gioco è uno scambio. Il gruppo jihadista vuole la liberazione di 180 prigionieri nelle mani dei governativi. L'Italia riesce ad infilare nell'accordo Maccalli e Chiacchio grazie ai francesi, che ci devono qualcosa per il concreto appoggio alla Task force Takuba.

Lo scambio rischia di saltare perché gli Stati Uniti si oppongono alla liberazione di tre jihadisti. Due in particolare hanno partecipato al sanguinoso assalto del 2016 all'hotel Splendid nella capitale del Burkina Faso uccidendo anche un americano. Alla fine vengono liberati, ma secondo Nasr la stragrande maggioranza dei prigionieri rilasciati lo scorso weekend dalle autorità di Bamako sono pesci piccoli, che facevano parte della rete logistica della guerra santa. La giunta militare ottiene il rientro a casa di Cissé, che si presenterà alle elezioni presidenziali fra 18 mesi e un ottimo biglietto da visita con la comunità internazionale, che ha almeno altri 5 rapiti da liberare nell'area.

Dal 6 ottobre si sapeva che l'ostaggio francese sarebbe tornata a casa, ma il cadeau dei francesi con la liberazione dei due italiani è rimasto segreto fino all'ultimo.

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