Così Renzi va alla guerra per vedere l'effetto che fa

Si dice che quando un giornalista americano chiese a Napoleone quale fosse il segreto di tutte le sue vittorie, ripose: "Prima si comincia a combattere e poi si vede un po' che succede"

Così Renzi va alla guerra per vedere l'effetto che fa

Si dice che quando un giornalista americano chiese a Napoleone ancora primo console quale fosse il segreto strategico di tutte le sue brillanti vittorie sul campo di battaglia, quello si strinse nelle spalle e ripose: «On s'engage, et après on voit». E cioè: prima si comincia a combattere e poi si vede un po' che succede. Pragmatismo rapido e spregiudicato. Da noi è uso e costume invece spiegare tutti i politici italiani - anche quelli che saltuariamente tornano a visitarci dall'Ade in cui si erano confinati ed è il caso di D'Alema (che Matteo Renzi rottamò, facendoselo nemico per sempre) come matrioske piene di altre matrioske, oppure come quei mostri meccanici che si costruivano nel Settecento e che furono la prima intuizione di uomo artificiale. Così, per esempio, se vedi e se senti Matteo Renzi e cerchi di capire che cosa combina, qual è il suo segreto (per poi perdere) ma senti sempre il doppiofondo. Il suo discorso al Senato è stato cesareo o anche brutale, nel senso di Bruto pugnalatore. E poi si sono aperte le trattative. Questo non è soltanto un tratto caratteristico di Renzi, ma è un tratto che aveva già notato Machiavelli quando spiegava che mentre «li franzosi» arrivano con armi e cavalli e picche e armature, ma i nostri strateghi gli oppongono soltanto un esercito di speroni di legno e segni di gesso sul terreno di dove si troverebbero gli accampamenti che però non ci sono.

Matteo Renzi è fiorentino e queste cose le conosce, anzi per così dire le insegna. Certo, se fossimo in un Paese anglosassone dove se ti prepari da solo un cappio, poi ti ci devi diligentemente impiccare, Renzi avrebbe già dovuto dirci a tutti qual è la conseguenza delle sue parole, visto che in politica come in amore le parole sono fatti. Invece, zitto e mosca. O meglio, interviene l'orchestra dei violoni ronzanti che sembrano preludere a una cantata che però non arriva, per cui i violini ripartono ma senza spartito, dal momento che Matteo Renzi non ha ancora reso nota la melodia. Ha minacciato gravemente e poi ha giovialmente incontrato Giuseppe Conte e da quel momento nessuno sa più che cosa si siano davvero detti, salvo il provvidenziale ritorno del clima cordiale e disteso. Io ti tolgo la task force e tu che mi dai? Dipende da te: tu dove vuoi arrivare? A questo punto della partita politica cosiddetta all'italiana (esiste anche quella degli scacchi, ma è di tutt'altra serietà) si capisce soltanto che siamo di fronte a una scena teatrale, ma che l'autore e l'aiuto regista sono dietro le quinte.

La partita del dietro le quinte, in cui Matteo Renzi sembra oggi il miglior fantasista, prevede l'introduzione di un deus ex machina, detto anche convitato di pietra, o persino un grande vecchio, il burattinaio o anche lo scopo segreto e invisibile della manovra di Palazzo. Secondo la più aggiornata di queste versioni, la grande manovra consisterebbe nel far apparire urgentissimo un provvidenziale ed energetico rilancio, che ricollochi Di Maio alla vicepresidenza del Consiglio e salire lui Renzi, alla Farnesina, dove potrebbe scaricare il download di un cursus honorum per il concorso a segretariato generale della Nato, scusate se è poco. Sarà vero? Sarà falso? Sappiamo solo che un autorevolissimo quotidiano l'ha scritto e Renzi non ci risulta che abbia smentito o precisato. Noi possiamo soltanto osservare che se non è buona è comunque ben trovata e più che altro spiegherebbe con spirito sartoriale tutte le cuciture, strappi e tagli che sta compiendo l'ex segretario del Pd oggi leader della piccola Italia Viva che è la versione politica della capra che campa a condizione di stare sopra la panca, altrimenti crepa. I sondaggi non danno Italia Viva in crescita esplosiva: per ora è uno di quei residuati di scissione che si reggono a galla finché il loro leader fa parlare di sé. L'abbiamo visto con tanti, da Dini a Di Pietro a Monti. I piccoli partiti dell'ex enfant prodige durano quel che dura la rosa, ma anche meno. Dunque, a Matteo Renzi serve di farsi un upgrade, un Matteo.2, senza il quale non va da nessuna parte e prima o poi il meteorite lo mette fuori produzione.

Purtroppo, ci viene da dire, tutti gli attori di questa sventurata stagione, giocano con il beneficio della Grande Bonaccia delle Antille, cioè l'addormentamento della democrazia intubata e in coma farmacologico perché deve aspettare che passi 'a nuttata presidenziale. Cioè che si faccia il successore di Mattarella, partita alla quale nessuno vuole mancare così come è. Polizza. In questo lasso di tempo, Matteo ha spazio di manovra e può tenere sotto pressione (vestiti di scena, sugo di pomodoro al posto del sangue) il governo con grandi annunci di scaccomatto in due mosse, cui però segue soltanto lo spostamento di pedone. E siccome non tutti sono intelligenti ma tutti sono almeno furbetti, ecco che nasce spontanea la domanda: ma che gioco fa? Quella della Nato che abbiamo appena raccolto ci sembrerebbe perfetta, ma non possiamo assolutamente garantirla. Però spiegherebbe perché questo governo deve far finta di aver bisogno di una robusta rimessa a punto, arroccando a Palazzo Chigi anche Di Maio come vicepremier, evacuandolo così dagli Esteri, cosa che permetterebbe a Renzi di preparare bagagli e marsine adatti a svolgere un alto ruolo internazionale. Ma ti pare che quel peperino di Pontassieve si attacchi al telefono per confermarti che è così? E allora.

Mentre si maschera la vera scena della realtà è utile mettere in gioco la carta dell'uomo nero già usata in tutte le situazioni di ammucchiata generale, che poi sarebbe il vecchio gioco dell'emergenza. Dici: è un casino, ci vuole subito un governo più forte: vado io, mi sacrifico purché con carica adeguata.

Per arrivare alla fine della mano e Renzi la gioca da maestro si fa giurare il solito convitato di pietra del Don Giovanni di Mozart. Un nome a caso? Il fin qui incolpevole Mario Draghi. Una volta agitato e non shakerato il fantasma, Renzi potrebbe ottenere una sedia più larga con annessa feluca con codine dorate e nastri adatti al rango.

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