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Così Salvini diventa maratoneta

Così Salvini diventa maratoneta

«Sono giovane, ho voglia di capire, imparare e ascoltare». Si schermisce quasi Matteo Salvini mentre smentisce il faccia a faccia con Liliana Segre che si sarebbe tenuto a Milano nel pomeriggio di venerdì. Il punto, però, non è tanto l'improvvisa discrezione di chi ha sempre fatto coincidere il privato con il pubblico per una precisa scelta comunicativa. Ma l'ennesimo passo avanti verso quella che pare una sorta di rivoluzione copernicana. Da centometrista che scattava come un fulmine su ogni palla, infatti, il leader della Lega sembra essersi ormai trasformato in una sorta di maratoneta della politica. Da parte i toni roboanti e gli affondi urlati, sempre più spesso in queste ultime settimane sostituiti da modi più discreti, a volte - come ieri - persino dimessi. Archiviato pure il mantra delle elezioni subito «senza se e senza ma», rimpiazzato da un approccio decisamente più paziente nonostante le tante difficoltà del governo. Per non parlare dei fronti cosiddetti «caldi», quei temi su cui la Lega negli ultimi anni ha solleticato l'elettorato più estremista alimentando soprattutto in Europa il timore di una deriva a destra.

Salvini, insomma, sembra aver capito che per proporsi come leader di uno schieramento che rappresenti tutto il centrodestra ha bisogno di declinare la politica con modi più misurati. Facendo chiarezza su alcuni temi chiave su cui non sono concessi equivoci se non al prezzo di continuare ad essere considerato inaffidabile - se non pericoloso - dagli interlocutori istituzionali, dall'Europa e dalle principali diplomazie. E in effetti sulla vicenda Segre il leader della Lega non ha lasciato alcun dubbio su quale sia la sua posizione. Non solo si è detto «a favore» della scorta alla senatrice a vita evitando di alimentare una polemica indecente. Ma ha pure aggiunto che la Lega parteciperà alla manifestazione in suo sostegno in programma a Milano il 10 dicembre. E questo dopo che Alan Fabbri, sindaco leghista di Ferrara molto vicino a Salvini, venerdì aveva proposto di dare alla Segre, memoria storica della Shoah, la cittadinanza onoraria.

Il leader della Lega, dunque, pare aver messo da parte i modi bruschi. Non solo nel merito di alcune posizioni, visto che è sparita dai radar sia la folle idea di uscire dall'euro sia la contrapposizione violenta ai vertici dell'Ue (come quando dava dell'ubriacone a Jean-Claude Junker). Ma anche nei modi, visto che Salvini non si muove più come una pallina in un flipper ma ha deciso di giocare con una certa prudenza. Meno felpe e niente più ruspe, dunque. Soprattutto basta con l'ostentazione di rosari e crocifissi, gesti che in Vaticano non hanno certo fatto salire le quotazioni dell'ex ministro dell'Interno. Di contro, da via Bellerio si è messa al lavoro una nuova diplomazia che sta provando a riallacciare i rapporti con Oltretevere. E che prova a fare ordine anche nei rapporti con le diplomazie, visto che nei 14 mesi in cui la Lega era al governo non hanno giovato gli alti e bassi con Washington e Mosca. Un quadro di reset complessivo, nel tentativo di «ricalibrare» il Carroccio. Ed è in questa cornice che Salvini ha dato il suo benestare affinché si apra un canale di comunicazione anche con il Partito popolare europeo. Il che non significa necessariamente un ingresso della Lega nel Ppe, ma rientra nel tentativo di accreditarsi come una forza politica credibile ed affidabile. Così da evitare, se e quando ci sarà da andare al governo, che intorno a Salvini si crei una sorta di cordone sanitario.

Lo stesso che ad agosto ha spinto per un esecutivo M5s-Pd che avesse come obiettivo proprio quello di sterilizzare Salvini.

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