"Così gli studenti hanno dimenticato l'italiano"

Il professor Valerio Vagnoli, una delle anime del “gruppo di Firenze” che ha redatto l’appello rivolto a Governo e Parlamento, spiega i problemi degli studenti

"Così gli studenti hanno dimenticato l'italiano"

HA SCRIVERE, QUAL’É, STO FACIENDO. Non sono strafalcioni di uno scolaro somaro delle scuole elementari. Sono alcuni degli errori grammaticali, ortografici e sintattici di moltissimi studenti universitari. Che ignorano le regole fondamentali della lingua italiana. Uno sfacelo che testimonia l’implosione della scuola dell’obbligo e che ha spinto 600 professori a sottoscrivere un appello perché le scuole elementari tornino a svolgere il loro dovere. Cioè insegnare i fondamentali linguistici con dettati, riassunti, ortografia e il vecchio caro tema d’italiano. “Purtroppo non c’è nemmeno più una casistica degli errori. Ormai la matita blu si è consumata, perché gli strafalcioni sono diffusi, quasi non ci si farebbe nemmeno più caso”. È sconsolato il professor Valerio Vagnoli, una delle anime del “gruppo di Firenze” che ha redatto l’appello rivolto a Governo e Parlamento. Una vita nella scuola, Vagnoli è preside dell’alberghiero Saffi nel capoluogo toscano.

È così grave la situazione?

“Non immagina neanche! Maiuscole, minuscole, accenti, apostrofi, le lettere acca messe a casaccio… ma ripeto, sono talmente comuni da non far sobbalzare più sulla sedia”.

L’appello da cosa nasce?

“Da trent’anni a questa parte c’è stato un compiacimento da parte delle classi dirigenti nel demolire la scuola, nel favorire una deriva della lingua italiana, cioè la deriva della nostra identità culturale e in definitiva nazionale”.

Insomma, Giovanni Gentile è stato buttato a mare troppo in fretta?

“Non so se sia stata buttata a mare la scuola gentiliana. Di certo abbiamo buttato a mare la tradizione, il vero riferimento della scuola. Una scelta scellerata che ha realizzato una scuola di classe, si sarebbe detto un tempo”.

In che senso professore?

“Questo sistema finisce per favorire chi viene da una famiglia forte economicamente e socialmente. E svantaggia chi viene da famiglie meno ricche e più umili. E chi ha favorito questa deriva, figlia della contestazione degli anni Settanta, ha consentito la nascita ambigua e pericolosa di una scuola per ricchi. Che è anche contraria alla Costituzione, che stabilisce il diritto di accesso e di promozione culturale per tutti i cittadini della Repubblica italiana. Le istanze didattiche e culturali basate sulla liberazione della creatività del ragazzo, eliminando sacrifici e doveri, sono fallite miseramente”.

A questo punto che fare?

“Bisogna rivedere le indicazioni nazionali con direttive cogenti per tutte le scuole, senza che l’autonomia scolastica possa disattenderle. Non è più possibile che uno studente finisca il ciclo dell’obbligo senza saper leggere, scrivere e far di conto. E questo deve valere per l’italiano, ma anche per la storia, la matematica, la geografia. Devono esserci dei punti imprescindibili, indiscutibili. Un ragazzo sarà un cittadino che dev’essere dotato del senso del dovere come della consapevolezza del diritto”.

Materialmente cosa sarebbe utile in tal senso?

“Tornare a insegnare la scrittura in corsivo. In questo modo c’è educazione alla concentrazione, c’è il rapporto tra sapere cognitivo e sapere pratico. La disgrafia, i disturbi dell’apprendimento sono in crescendo proprio perché manca questa parte d’insegnamento, gli esercizi in classe. E si accetta che l’alunno scriva in stampatello. Il neuropsichiatra Michele Zappella da anni lancia allarmi inascoltati sull’inquietante espansione di questi disturbi”.

In questo senso si è battuto in passato contro l’abolizione di voti e bocciature?

“Certo, anche se le bocciature sono quasi del tutto scomparse e quelle rimaste sono condivise con le famiglie degli alunni. Ma la bocciatura può essere un’occasione per costruire delle basi che possono essere acquisite solo alle elementari. Ogni fase di sviluppo di un essere umano ha le sue peculiarità, è impossibile recuperare dopo ciò che non si è appreso prima”.

Allora molti studenti universitari sono perduti?

“Un dramma per l’Italia. Un paese sempre più ignorante destinato a un futuro nero”. Il maestro Alberto Manzi con il programma televisivo.

“Non è mai troppo tardi” insegnò a leggere e a scrivere all’Italia contadina degli anni Sessanta. Forse oggi non saprebbe che pesci pigliare, assediato da smartphone, tablet, correttori automatici, sms e tweet di 140 caratteri …

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