Coronavirus

Covid, cos'è la "firma" molecolare che protegge a lungo termine

Un nuovo studio condotto in Svizzera mostra come le cellule di lunga memoria possano rimanere anche dopo l'infezione attivandosi se il Covid torna a farci visita: ecco come funziona

Covid, cos'è la "firma" molecolare che protegge a lungo termine

C'era sempre stato il sospetto ma adesso c'è la conferma: nelle nostre cellule di lunga memoria, i linfociti T, può rimanere "la firma" dell'immunità a lungo termine dopo essere stati contagiati con il Covid-19. Questa impronta potrà finalmente essere utilizzata per capire quale sarà la "tenuta" immunitaria negli anni.

Cosa dice lo studio

Lo studio condotto da ricercatori svizzeri e pubblicato su Nature, sarà utilizzato in due modi: sia per valutare il livello di immunizzazione che hanno acquisito i guariti che per valutare la risposta anticorpale di lunga memoria in chi non ha mai preso l'infezione ma si è sottoposto alla vaccinazione con due e tre dosi. Ricorderete benissimo che la difesa anticorpale tende ad abbassarsi dopo sei mesi dal ciclo completo, motivo per il quale la dose booster è fondamentale. Bene, adesso gli scienziati stanno cercando di capire "quanta" e se rimane la "memoria" nelle cellule T in entrambe le due situazioni (infezione naturale e vaccino).

I ricercatori hanno esaminato i campioni di sangue di 175 persone nell'arco di un anno, dalla malattia al Covid fino all'anno successivo. Studiando i linfociti T hanno scoperto una ben definita "impronta molecolare" che consente loro di trasformarsi in cellule di lunga memoria che non scompaiono al termine dell'infezione: in questo modo si può valutare la protezione a lungo termine e adattare le vaccinazioni.

"Ecco cosa si può fare"

Se la cosidetta "firma" non lascia traccia a seguito dell'infezione naturale, invece, ecco che "si potrebbe vaccinare il paziente dopo che la malattia è passata. E se l'impronta non appare dopo una vaccinazione, si potrebbero somministrare più dosi di vaccino o aggiustarne la composizione fino a quando la firma non compare", ha affermato Onur Boyman, immunologo dell'ospedale universitario di Zurigo e coordinatore dello studio. Il lavoro, al quale hanno partecipato alcuni scienziati del Politecnico federale di Zurigo, può dare nuove risposte su come si forma la memoria immunitaria contro il Covid e perché la protezione persiste a lungo in alcune persone e non in altre.

Il ruolo delle cellule di lunga memoria

Come detto all'inizio, se abbiamo imparato a capire che la prima difesa rappresentata dagli anticorpi tende a calare con il passare dei mesi (la prova di Omicron), le cellule di lunga memoria chiamate linfociti T e B svolgono un ruolo fondamentale perché non combattono direttamente l'agente patogeno, si trovano in "seconda linea", per così dire, ma riconoscono le cellule infettate e le distruggono. Dopodiché, la maggioranza di queste molecole viene eliminata dopo il "combattimento", altre invece rimangono per sempre diventando le cellule di memoria a lunga vita.

Come riporta Il Messaggero, la memoria immunologica diventa quindi la base per la risposta secondaria: se il Covid dovesse tornare a farci visita, ecco che i linfociti saprebbero combatterlo in maniera efficace e veloce.

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