C'è un carattere di un certo mondo della politica, della cultura, dello spettacolo, del giornalismo che spesso condiziona la sinistra, davvero insopportabile: la pretesa di porre veti. Ora, è legittimo avanzare dubbi su un candidato alla presidenza della Repubblica, essere contrari o non considerarlo adatto. Ci mancherebbe altro. Nel caso: Silvio Berlusconi può piacere o meno. Diverso, però, è lanciare moniti del tipo «quella candidatura è un oltraggio» (c'è stato qualche buontempone che è arrivato a dire menate simili) o, addirittura, minacciare di non partecipare al voto in Parlamento sul capo dello Stato per paura che il Cav venga eletto. Quando si parla e ci si comporta in questo modo si oltrepassano i limiti che pone la democrazia e, per alcuni versi, anche la nostra Costituzione. Si dicono delle enormità di cui non si ha contezza, con il rischio di creare precedenti devastanti. Ma, soprattutto, il gruppo dirigente di un partito che assume atteggiamenti simili, invece di fare politica, bandisce la politica. Il Cavaliere, infatti, può aspirare alla presidenza della Repubblica non per grazia ricevuta, ma perché ha acquisito una centralità. Tutte la strade passano attraverso di lui: il centrodestra, basta guardare i sondaggi, non potrebbe vincere le elezioni senza Forza Italia; contemporaneamente, neppure il governo Draghi sarebbe potuto nascere senza l'appoggio del Cav; e, anche per le formule fantasiose di cui si parla per il futuro - come la cosiddetta maggioranza Ursula che sogna il Pd - Letta e compagni sarebbero obbligati a rapportarsi con lui. Insomma, piaccia o non piaccia, realtà e fantasia dell'attuale fase politica dipendono dal Cav. E proprio il leader del Pd dovrebbe averne fatto esperienza: nove anni fa Letta diventò premier grazie all'appoggio di Berlusconi, perso il quale fu costretto ad emigrare in Francia. È tutta qui la centralità del Cav, anche per il Quirinale.
Fin qui la politica. Poi c'è una questione ancor più di fondo che sconsiglierebbe certi comportamenti. Non si può mai sapere, infatti, cosa riserva il futuro, ma bisogna sempre tenere conto che un candidato alla presidenza della Repubblica, anche se non piace, una volta eletto diventerebbe il presidente di tutti. In ossequio allo spirito democratico e al rispetto istituzionale. Il sottoscritto, nelle elezioni del 2013, non votò Giorgio Napolitano, ne contestò spesso le scelte anche vivacemente, ma sempre ben sapendo che era il presidente di tutti gli italiani. Questo è almeno il concetto di democrazia che ci hanno insegnato i nostri padri. A meno che il Pd e la sinistra italiana non vogliano seguire l'esempio dei seguaci di Trump che assalirono il Campidoglio, guidati da Jake Angeli, lo strano figuro coperto di tatuaggi con indosso una pelle di bisonte con tanto di corna, perché non riconoscevano in Biden il legittimo presidente. Ecco, i quattro sparuti del popolo viola, le solite facce note di una certa intellighenzia di sinistra e, almeno nelle parole e negli atteggiamenti, alcuni esponenti del vertice Pd, danno l'idea, spero di sbagliarmi, di avere lo stesso concetto della democrazia dell'uomo bisonte. Mi auguro che prima o poi se ne rendano conto.
P.s.
Detto questo, sarebbe davvero un'immagine memorabile Marco Travaglio che si aggira a Piazza Montecitorio a torso nudo, con l'immagine di Giuseppe Conte tatuata sul cuore, e ricoperto da una pelle di bisonte con tanto di corna. Sarebbe uno spettacolo che non vorrei perdermi per nulla al mondo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.