Detenuti seviziati con la “ruota della tortura”

Orrore nelle Filippine, dove le guardie di un carcere si divertivano a utilizzare il gioco per maltrattare i prigionieri

Detenuti seviziati con la “ruota della tortura”

Waterboarding, elettroshock, bruciature e pestaggi. È quanto hanno dovuto subire, inermi, i detenuti di un carcere nelle Filippine. Quel che rende le sevizie ancor più insensate e assurde è la loro organizzazione in un vero e proprio gioco messo in piedi dalle guardie carcerarie: la “ruota della tortura”. Lo denuncia Amnesty International grazie alla scoperta della Commissione filippina per la tutela dei diritti umani.

Non è cosa nuova che nel Paese del sud-est asiatico la tortura sia una pratica ancora troppo diffusa e soprattutto impunita, con le forze dell’ordine che non si curano della legge. Nonostante il governo di Manila abbia sottoscritto la convenzione dell’Onu contro le torture e legiferato una legge preventiva ad hoc, gli abusi non si sono mai fermati. E, anzi, in luoghi quali le carceri le brutalità sono all’ordine del giorno.

La prigione incriminata si trova nella provincia di Laguna e al suo interno, oltre alle comuni celle, ospita una stanza degli orrori. Alla pari del celebre gioco a premi, gli agenti hanno suddiviso il cerchio in più spicchi, ciascuno dedicato a una crudeltà. E loro si divertivano, facendo affidamento al fato, a girare la ruota per scoprire in che modo maltrattare, uno dopo l’altro, i carcerati. Qualche esempio? “30 secondi in posizione pipistrello” e “20 secondi di Manny Pacquiao”. Nel primo caso il detenuto sarebbe stato appeso per i piedi e a testa in giù per mezzo minuto, nel secondo avrebbe subito una scarica di pugni per il tempo prestabilito.

Rowelito Almeda ricorda l’incubo vissuto nei suoi 4 giorni di detenzione, dal quale è riuscito a salvarsi per miracolo: “Quando la polizia voleva far baldoria trascinava i detenuti fuori dalle celle e li portava nella stanza della ruota. Quando tornavano erano a pezzi. Mi ricordo di due ragazzi, di 17 e 18 anni, arrestati per possesso di marijuana. Gli hanno dato scosse elettriche, li hanno picchiati e usati come bersagli per pistole ad aria compressa. Dopo di loro sarebbe toccato a me”. Il giorno dell’arresto, condotto dentro la stazione di polizia, il 45enne, ha subito elettroshock e la rottura di quattro denti anteriori per essere stato colpito al volto con un casco.

Fortuna per lui una visita a sorpresa della Commissione ha scoperto il folle gioco, evitandogli ulteriori tormenti.

È stata aperta un’indagine che si è però chiusa solamente con l’allontanamento degli agenti, che sono sollevati dall’incarico ma non condannati a dovere da un tribunale. La “ruota della tortura” non gira più, mentre quella della giustizia farà – prima o poi – il suo corso.

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