Cronache

"Digiuna fino a morire": le chat delle anoressiche

Su un gruppo Whatsapp un'ottantina di adolescenti si sfidano a chi è più magro. E a chi si taglia di più

"Digiuna fino a morire": le chat delle anoressiche

"Prendi lassativi", "Prenditi a pugni lo stomaco", "Digiuna più che puoi". Sono solo alcune delle regole folli del "club clandestino" delle adoratrici di "Ana", la "dea" dell'anoressia.

Un club composto da un'ottantina di giovani ta i 12 e i 22 anni e che è solo una piccola parte di un mondo sommerso che - come aveva raccontato già Maria Sorbi su queste pagine - è fatto di ragazzine e ragazzini (ma anche adulti) dediti a darsi consigli e spronarsi nella corsa a chi è più magro.

Lo racconta oggi Azzurra Noemi Barbuto su Libero. La giornalista si è "infiltrata" in un gruppo di WhatsApp dove la morte "viene sfidata ed esaltata" come il raggiungimento della perfezione e "coloro che hanno il coraggio di togliersi la vita sono percepiti alla stregua di eroi ed eroine".

Diverse le storie raccontate oggi sul quotidiano diretto da Vittorio Feltri. Storie di traumi non superati, di violenze di cui non si riesce a parlare.

Come quella di Nadia, 17 anni e vittima di uno stupro di gruppo da parte del suo ragazzo e dei sui amici. "Lo dico a voi, perché non mi conoscete, quindi mi risulta più facile aprirmi", ha scritto ai suoi amici "pro-Ana", "Mi vergogno tanto di questa cosa e ho paura di sembrarvi stupida. Per favore, non giudicatemi. Non ridete, vi prego. Se lo sapessero i miei, so che non capirebbero, urlerebbero come sempre, mi direbbero che è colpa mia ed io starei ancora più male. Incontro ancora questi ragazzi per strada, poi torno a casa e mi taglio le braccia o le gambe, per sentirmi meglio. Vorrei che pagassero per quello che mi hanno fatto. Non dimenticherò mai la loro risate mentre lo facevano. Forse è per questo che voglio le ossa, perché sarebbero poco attraenti per gli altri. Io le amo".

Anoressia e autolesionismo vanno a braccetto. C'è chi si rende conto di essere entrato in un vortice da cui non riesce a uscire. Ma la maggior parte rivendicano - quasi con orgoglio - il "diritto" di tagliarsi.

Persino col bisturi regalato dallo zio infermiere.

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