Cronache

Il dolore dell'infermiera: "Ho pianto per il 16enne che ha preso l'ecstasy"

Il post toccante della 22enne, che non è riuscita a rianimare il 16enne, preso di mira su Fb: "Ma tu che ne sai?"

Il dolore dell'infermiera: "Ho pianto per il 16enne che ha preso l'ecstasy"

La chiamano la "droga dell’amore" perchè quando la prendi "vuoi bene a tutti e tutti ti stanno simpatici". Dicono anche che chi la prende lo riconosci perchè si morde il labbro inferiore. Ma l’ecstasy, in forma liquida, bevuta in un bicchiere d’acqua, la scorsa notte ha ucciso ancora. Lamberto Lucaccioni, 16enne di Città di Castello, è stato stroncato da un’overdose. Il ragazzino, che era in vacanza a Pinarella di Cervia con altri due amici di 17 anni, alloggiava con i genitori di uno di questi in un appartamento per le ferie.

Sarah Fabbri, un’operatrice del soccorso, in uno sfogo sul web ha raccontato come abbia cercato per un’ora e mezza di rianimare il giovane cuore. "Ho quasi sempre elogiato il mio mestiere per le tante soddisfazioni che da - ha scritto su Facebook la 22enne studentessa in Infermieristica - ma chi non è in questi panni non può capire cosa voglia dire dover rimanere impassibili e freddi quando ti trovi un ragazzo di 16 anni sulla barella della sala emergenza alle 4 di mattina in arresto cardiaco per colpa di una pasticca che non avrebbe dovuto prendere". Il decesso è stato dichiarato proprio mentre i genitori arrivavano in ospedale. Quello di Lamberto non è certo un caso eccezionale. Proprio al Cocoricò nel dicembre 2004 un 19enne marchigiano morì per un’overdose di ecstasy, nel dicembre 2011 un 18enne di Cattolica si salvò solo grazie al trapianto di fegato. "Il locale - ha detto il titolare della discoteca, Fabrizio De Meis - ogni anno spende 150mila euro in sicurezza. Vogliamo fare di più, magari con un’unità cinofila, cani antidroga, a spese dell’imprenditore".

"Sei li che lo massaggi impassibile ma nella mente pensi 'avanti forza reagisci' - scrive Sarah su Facebook - ma nonostante l’ora e mezza di massaggio cardiaco l’onda di quel cuore che già da un po’ non batte, rimane piatta. E dopo aver fatto il possibile ci si arrende all’evidenza che l’alba che stai guardando tu, sfinito, lui non potrà vederla. E pensi ai suoi genitori che ancora non sanno di non poter mai più parlare con lui, litigare con lui, ridere con lui, festeggiare con lui". Quei genitori che sanno che "il figlio sta male ma non che giace steso, freddo ed esangue su un lettino. E allora - continua la 22enne - il medico glielo comunica e lì una delle scene peggiori a cui mai si possa assistere. I pianti, le grida, i malori… 'Rivoglio il mio bambino vi prego'. E tu sei li che non puoi far niente se non continuare ad essere professionale".

Il post su Facebook ha scatenato le ire del personale sanitario. "Quella ragazza - hanno tuonato - parla senza avere nessuna esperienza". Hanno addirittura chiesto che venissero presi provvedimenti disciplinari nei confronti di Sarah. Quello che i critici e i polemici non hanno capito è che quello di Sarah era solo lo sfogo di chi quella tragica notte c’era davvero, con le mani in pasta. Gli arebbe bastato leggere con attenzione le parole di Sarah per capirlo: "Non siamo avvocati, non siamo banchieri, ne cassieri, ne muratori… per NOI il lavoro non finisce al marcatempo, ce lo portiamo a casa con tutti i risvolti che comporta.

E mentre sei in macchina stanco per il turno di notte, distrutto per le scene a cui hai assistito, scoppi a piangere e scarichi finalmente tutta la rabbia che hai contro le ingiustizie che a volte riserva la vita".

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