Cronache

Embrioni congelati 19 anni fa: sì all'impianto post mortem

Embrioni prodotti con fecondazione assistita nel ’96 e da allora crioconservati. I giudici danno l'ok all'impianto, anche se il marito è morto nel 2011

Embrioni congelati 19 anni fa: sì all'impianto post mortem

Arriva il via libera all’impianto di embrioni congelati diciannove anni fa, anche se il marito è morto nel 2011. Il tribunale civile di Bologna ha accolto il reclamo di una 50enne che si era visto rigettare il ricorso presentato in primo grado. Adesso i giudici hanno ordinato al policlinico Sant’Orsola di provvedere immediatamente all'impianto degli embrioni prodotti con fecondazione assistita nel 1996, prima della legge 40, e da allora crioconservati.

Nell'ordinanza il collegio della prima sezione civile si è riferito proprio alla legge 40 che in Italia vieta la crioconservazione di embrioni (se non nel caso in cui la donna, dopo la fecondazione, non possa procedere all’impianto per gravi motivi di salute) ma regola anche con linee guida le procedure di fecondazione intraprese prima della sua entrata in vigore, come nel caso della coppia. Per i giudici, che per giudicare il caso specifico si sono rifatti a queste linee guida, "in caso di embrioni crioconservati, ma non abbandonati, la donna ha sempre il diritto di ottenere il trasferimento". E, proprio per questo, il ricorso è stato accolto.

Nel 1996 la coppia, che si sposò nel 1998, si era rivolta al centro di fecondazione assistita dell’ospedale. Quell’anno fece un intervento, ma l’impianto non riuscì: otto embrioni non impiantati furono congelati, con il consenso dei due. In seguito, anche per una malattia dell’uomo, la coppia non ci riprovò, ma gli embrioni sono rimasti crioconservati e ogni anno, fino al 2010, i due hanno confermato la volontà di mantenere gli embrioni. Dopo la morte del marito, lei si è rivolta ancora al centro di procreazione medicalmente assistita chiedendo l'impianto. Nonostante il nulla osta del comitato di bioetica dell'università, la direzione ha negato la possibilità spiegando, secondo una propria interpretazione che la legge 40 richiede la permanenza in vita di entrambi.

Nel febbraio del 2013 c’è stato il ricorso in via d’urgenza, il rigetto del tribunale, poi il reclamo accolto dal collegio, dopo un’udienza a dicembre 2014. Secondo l’ordinanza, anche se la dichiarazione del 2010 non si può considerare un valido consenso, la stessa "costituisce una manifestazione di volontà idonea" a escludere gli embrioni dalla categoria di "embrioni in stato di abbandono".

Vista l’età della donna, concludo i giudici, l'aleatorietà dei risultati della fecondazione assistita e le maggiori difficoltà proporzionate al progredire dell’età, è necessario provvedere in via d’urgenza, non potendo la 50enne "attendere il normale esito di un procedimento civile ordinario, stante la sua lunga durata".

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