Roma - Una vita sospesa per 19 anni viene «liberata» dalla sua gabbia di ghiaccio per decisione di un giudice. Il padre è morto 4 anni fa, la potenziale mamma ha 50 anni e ora ha ottenuto il via libera all'impianto dell'embrione congelato grazie al provvedimento d'urgenza emanato dal Tribunale di Bologna.
La coppia di Ferrara decise di avere questo bimbo con la fecondazione assistita nel 1996 e si rivolse al Policlinico Sant'Orsola di Bologna, riuscendo ad ottenere un certo numero di embrioni crioconservati. Poi dopo una serie di tentativi andati a vuoto e problemi personali abbandonarono il progetto. Nel 2010, quando il marito era ancora vivo, la coppia confermò il desiderio di conservare la «proprietà» di quegli embrioni per tentare un trasferimento in utero. Però l'uomo si ammalò e nel 2011 è morto ed ora la donna rimasta sola vuole tentare la gravidanza. I primi ad opporsi alla sua richiesta sono stati i medici del Sant'Orsola perchè oggi la legge 40 prevede che in questi casi «i genitorisiano entrambi viventi». La donna si è rivolta allora al Tribunale che, come spesso accade in questi delicati casi etici, ha dato risposte opposte. In primo grado ha respinto la sua richiesta poi invece accolta in secondo grado. Lei ora dice: «Sono molto contenta, non me lo aspettavo, ma adesso farò le mie valutazioni confrontandomi con i medici».
Giusto o sbagliato? Il progresso delle tecniche di riproduzione assistita e la possibilità di congelare potenzialmente all'infinito la vita umana nella sua fase iniziale danno luogo a situazioni molto complesse dal punto di vista etico. Certamente per gli embrioni già esistenti l'alternativa all'impianto è quella di restare congelati in un destino incerto. In caso di embrioni abbandonati qualcuno propone pure la possibilità di adottarli mentre altri chiedono di destinarli alla ricerca, scelta operata da molti paesi ma non dall'Italia. In Inghilterra è già avvenuto con successo l'impianto di un embrione congelato per 20 anni. E in questoparticolare caso poi fa notare Filomena Gallo, avvocato e segretaria dell'Associazione Luca Coscioni, questo embrione appartiene alla donna che non lo ha mai «abbandonato». Non solo. All'epoca del concepimento non era in vigore la Legge 40 e non c'erano divieti. Non si tratta neppure del primo caso di impianto post-mortem. La Gallo ricorda un caso analogo nel 1999 a Palermo: una donna che scelse comunque di tentare la gravidanza dopo la morte del marito visto che erano rimasti 3 embrioni congelati.
Per l'Associazione Luca Coscioni vanno aboliti tutti i limiti dalla Legge 40 ma per il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, non si può limitare la riflessione ad una questione di divieti: «Stiamo affrontando la rivisitazione delle
linee guida della Procreazione medicalmente assistita (Pma) ma ci sono altre questioni che non possono essere tutte codificate e che riguardano anche il buon senso e la capacità di capire caso per caso ciò che è meglio fare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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