Eutanasia, la Cei tuona: "Società ha perso lume della ragione"

Mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, ribadisce la contrarietà dei vescovi alla liberalizzazione dell'eutanasia e del suicidio assistito

Da CeiNews.it
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La Cei sta alzando il tiro sull'eutanasia. La sentenza della Consulta proprio non soddisfa le aspettative dell'episcopato italiano che, anche in rappresentanza dei cattolici, sta commentando la novità mediante toni decisi. Ieri era stata l'intera Conferenza italiana dei presuli a marcare una distanza nitida da quanto disposto dai giudici, mentre oggi è stato anche il segretario generale monsignor Stefano Russo a pronunciarsi in modo contrariato. E, ancora una volta, viene tirata in ballo la sfera della libertà soggettiva. Ma in un modo differente rispetto al consueto.

Perché i favorevoli alle pratiche eutanasiche, che fanno tutti per lo più parte del fronte progressista, usano spesso argomentare, basandosi sul rispetto di quel principio. Per monsignor Russo il quadro non è quello, anzi. Il virgolettato del successore di mons. Nunzio Galantino, che è stato riportato dall'Agi, smentisce di netto la narrativa di chi ritiene che la liberalizzazione dell'eutanasia e del suicidio assistito coincida con una conquista di civiltà: "Non comprendo come si possa parlare di libertà - ha esordito uno dei vertici ecclesiastici dei vescovi italiani - qui si creano i presupposti per una cultura della morte in cui la società perde il lume della ragione". Il suicidio assistito, insomma, non dovrebbe proprio far parte del nostro sistema giuridico, stando al parere dei prelati.

Mentre la politica discute sul da farsi, per esempio mediante la comparsa tramite legge della possibilità per alcuni di assumere il cosiddetto "farmaco letale", un'idea caldeggiata da sette senatori della maggioranza giallorossa, da parte ecclesiastica arrivano solo sonore bocciature. Prima che Russo dicesse la sua, del resto, la Cei aveva specificato il pensiero già diramato ieri, annotando come l'opinione espressa dai vescovi sia condivisa pure dal vertice della Chiesa cattolica, papa Francesco, che è un oppositore di quella che di solito definisce "cultura dello scarto" e da numerosi enti non per forza attribuibili all'universo ecclesiastico. La parola che rimbalza con più frequenza è "preoccupazione". C'è il sentore, insomma, che la sentenza della Consulta possa prestarsi a quelle che sono state chiamate "strumentalizzazioni". Quella che per la Cei sarebbe, in caso, una vera e propria discesa in campo bioetico.

La strada che il Santo Padre aveva indicato nelle settimane che hanno preceduto la

sentenza della Consulta costituisce, poi, il canovaccio mediante cui la Conferenza episcopale italiana riafferma tutte le sue perplessità. Jorge Mario Bergoglio aveva domandato di non "assecondare" una "volontà di morte".

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