Da quando è cominciata la rincorsa al virus, sono state immesse sul mercato milioni di mascherine facciali: dalle cosiddette "comunitarie" (le chirurgiche verdi o azzurrine, per interderci) alle FFP2, quelle che dovrebbero garantire la massima protezione dal patogeno. E il condizionale, mai come in questo caso, è d'obbilgo dal momento che, non sempre, sono realizzate a regola d'arte. Anzi, a dirla tutta, in molti casi non rivelano alcuna capacità filtrante.
Un gran numero di DPI (Dispositivi di protezione individuale) non risponde, infatti, ai recquisiti di conformità previsti dal regolamento UE 425/2016 per la sicurezza e funzionalità dei suddetti prodotti. Ma quali sono questi "requisiti"? Insomma, all'atto pratico, come si fa a riconoscere una mascherina contraffatta e, quindi, potenzialmente dannosa per la nostra salute? Come facciamo a capire se si tratta di un DPI realizzato "a norma di legge" oppure no? Proviamo a fare un po' di chiarezza.
Cosa stabilisce la normativa UE
Il regolamento UE stabilisce che le maschere filtranti, quali FFP2 e FFP3, sono DPI appartenenti alla categoria III di rischio. Ciò significa che prima di finire sul mercato devono essere valutate da un Organismo notificato designato per la certificazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie. L’organismo notificato verifica e certifica che il prodotto soddisfi i requisiti del regolamento ad esso applicabili, ovvero, la norma tecnica EN 149:2001 + A1:2009 fornisce la presunzione di conformità ai requisiti applicabili alle maschere filtranti pertanto la verifica dell’applicazione di questa norma determina l’apposizione della marcatura CE.
Ma la sigla di Conformità Europea apposta sul prodotto è sinonimo di indiscussa affidabilità? "La presenza del marchio CE non basta, occorre sempre seguire l’intera catena documentale", spiega Stefano Pagnutti, CEO dell'azienda padovana Clariscience che si occupa di verificare la documentazione di conformità delle maschere filtranti. Dunque, come può un consumatore riconoscere "ad occhio nudo" un dispositivo contraffatto da uno idoneo?
Come si riconosce una FFP2 fasulla?
Partiamo dalle basi. In quanto dispositivo di protezione individuale, la maschera filtrante deve avere, così come suggerisce la stessa definizione, una elevata "capacità filtrante" nei confronti di microparticelle (goccioline impercettibili, come nel caso del Covid) e un’ottima respirabilità. Tale caratteristica viene indicata con la sigla EN 149:2001 + A1:2009, la norma specifica UE per mascherine facciali.
Insieme al riferimento alla norma tecnica, la maschera filtrante deve riportare, sulla confezione o direttamente sulla stessa, il marchio CE, apposto a garanzia del rispetto delle norme vigenti. Nel caso dei DPI come le FFP2 e FFP3, il marchio CE compare accompagnato da un codice di 4 numeri, che identifica l’Organismo Notificato valutante la conformità del prodotto alle norme europee. L'elenco di tutti gli organismi notificati è contenuto nel database NANDO della commissione europea.
Il "certificato di conformità"
Gli Organismi Notificati hanno il compito di rilasciare una sorta di "certificato di garanzia del prodotto". Il documento deve contenere obbligatoriamente le seguenti informazioni:
- nome e numero di identificazione dell’organismo notificato;
- nome e indirizzo del fabbricante e, qualora la domanda sia presentata dal mandatario, nome e indirizzo di quest’ultimo;
- l’identificazione del DPI oggetto del certificato;
- una dichiarazione in cui si attesta che il tipo di DPI soddisfa i requisiti essenziali di salute e di sicurezza applicabili;
- se le norme armonizzate sono state applicate in tutto o in parte, i riferimenti di tali norme o parti di esse;
- se sono state applicate altre specifiche tecniche, i loro riferimenti;
- se del caso, il livello di prestazioni o la classe di protezione del DPI;
- la data di rilascio, la data di scadenza e, se del caso, la data o le date di rinnovo del certificato;
- le eventuali condizioni connesse al rilascio del certificato;
- per i DPI della categoria III, una dichiarazione secondo cui il certificato deve essere utilizzato solo in
- combinazione con una delle procedure di valutazione della conformità previste.
Talvolta, però, accade che le mascherine filtranti, specie se FFP2 o FFP3, siano accompagnate da un certificato falso. Ciò si verifica in presenza di DPI fasulli, e quindi non funzionali, o per i prodotti venduti in deroga. La deroga, stabilita con il Decreto Cura Italia, riguarda solo le tempistiche e prevede comunque il rispetto degli standard tecnici e di qualità previsti dalla norma EN 149:2001 + A1:2009. Infatti, i filtranti facciali prodotti in deroga possono essere venduti in ambito sanitario solo se i produttori autocertificano l’aderenza alle norme tecniche previste, mandando i documenti di prova all’INAIL, che una volta ricevuta la documentazione, ne autorizza la commercializzazione in ambito sanitario.
Il prezzo di vendita può svelare la truffa?
Il prezzo di vendita delle mascherine resta l'unica variabile incerta di questa intricata vicenda. Al netto di evidenti sovrapprezzi, che in ogni caso non inficiano necessariamente la validità del prodotto, non esistono degli standard di riferimento. In periodi di forte domanda - come agli albori della pandemia - è molto probabile che il costo sia elevato ma è vero anche il contrario. Le mascherine chirurgiche, ad esempio, hanno avuto i prezzi calmierati dal governo a 50 centesimi l’una per un periodo ma poi, superata la fase critica, il costo è nettamente calato.
Lo stesso si dica per le FFP2 che, durante i "mesi caldi" della diffusione virale, sono stata vendute a cifre quasi proibitive (dai 5 ai 20 euro) mentre oggi è possibile acquistarle al costo di 1 euro. Insomma, i prezzi non sono correlati alla qualità del prodotto. E la truffa può essere sempre dietro l'angolo o a portata di click.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.