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La gabbia e il pappagallo

Immaginate un pappagallo bizzoso e lagnoso che ripete, per darsi un tono e guadagnare meriti nei confronti dell'opinione pubblica, ciò che per certi versi era nelle cose da fare

La gabbia e il pappagallo

Immaginate un pappagallo bizzoso e lagnoso che ripete, per darsi un tono e guadagnare meriti nei confronti dell'opinione pubblica, ciò che per certi versi era nelle cose da fare. E un Premier che per non aprire un effetto domino, cioè un meccanismo che porti tutti i partiti che compongono la sua maggioranza a chiedere qualcosa, preferisce non rispondergli direttamente ma avere un interlocutore terzo, cioè il sindacato. E nel frattempo costruisce una gabbia dove mettere il pappagallo, non dandogli l'opportunità di uscire dalla maggioranza senza provocare le elezioni anticipate. Una gabbia che ha due assi portanti e un cappello: Draghi non continuerà a guidare un governo che non veda i 5 Stelle nella maggioranza e non ci sarà un altro esecutivo Draghi dopo l'attuale. Il cappello è, invece, nella constatazione che qualsiasi governo non può lavorare se è sottoposto a continui ultimatum e un governo che non lavora va a casa.

Così il pappagallo-Conte si è ritrovato in gabbia. Per tutta la giornata di ieri l'ex premier ha sperato di essere coinvolto, invece, ancora ieri sera non aveva ricevuto alcuna telefonata da Palazzo Chigi. Di più, le questioni che ha posto sono state inserite da Draghi in quelle programmate dal governo nelle trattative con il sindacato. Per cui il «movimentismo» del capo dei 5stelle è stato quasi considerato superfluo, se non addirittura nocivo. Ora tocca a Conte decidere se accettare questo ruolo di comparsa sul palcoscenico o se, invece, provocare la fine della commedia e assumersi la responsabilità di calare il sipario delle elezioni anticipate.

Passo che il leader dei grillini non può fare senza provocare un'ulteriore scissione nel movimento. Insomma, la strategia di Conte si è rivelata per quel che era: un azzardo. Del resto era la stessa logica del capo dei 5stelle a non stare in piedi: come può l'unica forza che è stata sempre al governo in questa legislatura pretendere di rifarsi una verginità mettendosi fuori dalla maggioranza a pochi mesi dal voto, lasciando agli altri l'onere di sostenere il governo? Nessun sano di mente sarebbe disposto a fargli questo favore per cui una scelta del genere si porterebbe dietro inevitabilmente le urne.

Insomma, si è trattato di una furbizia levantina, di quelle talmente scoperte da sembrare ridicole. Ma la disperazione spesso provoca brutti scherzi. Ora naturalmente Conte griderà ai quattro venti di essere stato decisivo, di aver strappato al governo provvedimenti importanti. In realtà con il Paese in queste condizioni interventi, come quelli richiesti dal sindacato sul fisco (cuneo fiscale), sui salari più poveri e sul resto non potevano non esserci. Ci si sarebbe arrivati - bisogna vedere in che misura - senza dare spettacolo visto che con il dollaro che sta superando l'euro, lo spread che arriva a 209 punti, il costo del gas che continua a salire un ex premier potrebbe far di tutto meno che soffiare sul fuoco. Purtroppo il senso di «responsabilità» e la percezione della realtà sono doti che se non ce l'hai nessuno te le può dare.

Comunque, un merito Conte lo ha avuto: se il Colle pensava di tirare per i capelli la legislatura fino a maggio, quanto è accaduto in questi giorni dimostra che sarà già tanto se si arriverà fino a marzo. Anzi, sarà un miracolo.

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