La gioventù calibro 9 che imita Gomorra ora spaventa la città

A 9 anni cantano testi a base di sesso e violenza. E a 17 lottano per il potere dopo l'arresto dei boss. Sparando sulla gente comune

La gioventù calibro 9 che imita Gomorra ora spaventa la città

Due ragazzotti di vita al bar esaminano le prospettive della propria carriera camorristica, e uno raccomanda all'altro: «Tu queste cose - le imprese criminali - le devi fare ora che sei giovane. Perché così, se vai in galera per vent'anni, esci e hai tutta la vita davanti». È il folle miracolo di Napoli: un'altra città in cui trionfasse questa logica scassata sprofonderebbe come Atlantide. Napoli no, è un pugile che incassa, barcolla e perde pezzi, ma resta misteriosamente in bilico. Un equilibrio inspiegabile che da qualche tempo è in crisi. Una crisi libica. Come a Tripoli, i capi storici sono stati arrestati, e i giovani rampanti, spesso minorenni, si sfidano a colpi di pistola e kalashnikov. Centinaia di colpi: si spara quasi ogni notte, in mezzo alla gente. Tre faide si incrociano tra il Rione Sanità, Forcella, Soccavo e il Rione Traiano, ma i confini sono saltati, si raccolgono bossoli anche tra i palazzi eleganti del Vomero. I grandi armano i minorenni, che rischiano meno con la legge ma non conoscono limiti. Sparano e sparano, per fare a gara a chi è più tosto. E si cominciano a contare le vittime. La farsa napoletana è diventata tragedia. In città c'è sempre più paura. Ecco i personaggi che la mettono in scena, incontrati tra vichi e piazze.

I giovani pistoleros

La chiamano la «paranza dei bambini». Sono minorenni, girano in scooter armatissimi e pronti a picchiare e sparare. E tanto: 60 colpi tra via Tertulliano e via Romolo e Remo, 21 in via Catone, altri 17 in via Canonico Scherillo, una bomba inesplosa in via Epomeo. A capo delle baby gang sarebbero anche parenti dei boss in galera che scimmiottano la serie tv Gomorra pure nei tormentoni. «Stai senza pensieri» è diventato un loro modo di dire comune e in tanti qui gettano la croce su quei telefilm, incluso il senatore Augusto Minzolini, via Twitter. Roberto Saviano s'è risentito: «Chiacchiere da bar».

La vittima innocente

Lo hanno ammazzato davanti alla chiesa di San Vincenzo, nella piazza che è il cuore del Rione Sanità, sparando una ventina di colpi in mezzo alla gente. È solo l'ultimo rivolo di una scia di sangue sempre più lunga: aveva 17 anni Gennaro Cesarano, Genny per gli amici e anche per i nemici, sempre che ne avesse. Perché ora il dibattito è proprio questo: la polizia crede che i killer ce l'avessero proprio con lui.

Il papà disperato

Antonio Cesarano anche ieri ha ripetuto: «Lui non c'entrava, è vittima della camorra e dello Stato assente. Non aveva precedenti, solo un'accusa di tentato furto, ma il giudice gli aveva creduto e lo aveva affidato alla messa in prova». «Solo un tentato furto, mica camorra: la polizia dice così per sminuire, per far vedere che sono solo delinquenti che si ammazzano tra loro», fanno eco gli amici del padre, tutti membri storici dei Precari Bros (fare il disoccupato a Napoli è un mestiere). In fondo hanno ragione, che importanza ha? In un quartiere così è difficile trovare fedine penali immacolate. Questi giovani che si ammazzano tra loro sono il futuro di Napoli che divora se stesso. Però quel «solo un tentato furto» rivela quanto sia bassa qui l'asticella del senso di legalità.

I baby neomelodici

Hanno tutti meno di 18 anni, qualcuno, come la piccola Anna, ne aveva 9 all'epoca del suo massimo successo, quando cantava «Gigino O Bell», storia della bimba che descrive il suo fidanzato all'incauto spasimante (come lei under 10): «Gigino il Bello è guappo, fresco, tosto e prepotente e il suo soprannome è il Malamente, l'altro giorno a un giovanotto solamente per guardarmi quattro punti in mezzo alla testa l'ha mandato a medicare». Un altro, preadolescente, chiede alla sua lei di «spogliarsi lentamente» in «La voglia precoce di fare l'amore». Tutte baby star che cantano ai matrimoni e nelle tv locali facendo guadagnare ai genitori cifre enormi. Il fenomeno è stato già denunciato ed è tornato ad essere sotterraneo. Non è certo la causa della deriva di questi ragazzi, ma rivela in che realtà vivano. Il video di Piccola Anna è ancora in Rete, visto da 1,7 milioni di persone. In parte per criticarlo, in parte perché fan.

Il massmediologo trash

Ciro Ascione ha raccolto per anni video come questi e le sue provocazioni internettiane (ha scritto un libro sull'arte di trollare, cioè di fare il guastatore sul web) hanno fatto emergere il fenomeno anni fa. «Non sono per la censura - dice -, questi ragazzi vivono queste vite e le cantano. Ne vivessero di diverse, canterebbero cose diverse. Ma io, che insegno in una scuola media, ho conosciuto anche tanti ragazzi che non fanno schifo come le loro famiglie. Quando ho diffuso quei video mi hanno censurato, forse perché non ci ho messo il predicozzo legalitario alla Saviano, che ormai si comporta come se avesse registrato il brand della camorra e potesse parlarne solo lui. Ma le prediche sulla legalità non servono a niente».

Il prete guerriero

Padre Alex Zanotelli è tornato dall'Africa e ora fa il parroco proprio nel Rione Sanità, dove hanno ucciso Genny. E anche lui rifiuta la logica delle prediche, ma anche quella di chi si lamenta perché, è la battuta popolare nella zona, «qui la camorra c'è sempre stata, è lo Stato che non c'è». «Abbiamo tutti le mani sporche di sangue, perché quelli che sparano sono i nostri ragazzi. È vero che lo Stato non c'è: chiudono pure le scuole, nel quartiere ci vivono in 70.000 e c'è solo un'elementare, nessuna media e un istituto superiore semi smantellato. Mancano alternative alla camorra, riscattare i ragazzi qui è più difficile che in Africa, perché lì c'è speranza, qua solo un senso di immobilità». Il governatore De Luca ha annunciato la gara d'appalto per un sistema di videosorveglianza, ma padre Alex indica le telecamere: «Ci sono già ma non funzionano».

I commercianti spaventati

Alfano manderà 50 agenti. Per il sindaco Luigi De Magistris «non c'è un'emergenza sicurezza». Confcommercio risponde così: «Un commerciante su tre ha avuto un'esperienza con la criminalità, contro la media nazionale del 15%». A piazza Bellini, affollata dei caffè della movida universitaria, la settimana scorsa hanno sparato in mezzo a 200 ragazzi, solo per costringerli alla «stesa»: far chinare loro il capo e scappare, far capire chi comanda. «Io stessa sono stata aggredita e mi hanno rotto un piede - racconta Cinzia Musella, proprietaria del caffè Omar, che è anche uno dei set della soap Un posto al sole -, violenza gratuita per mandarci via. Da quando hanno aperto qui i locali che vendono alcol a un euro, la fauna che affolla la piazza è diversa. Ed è arrivato lo spaccio di droga. Ora la piazza fa gola».

Un altro equilibrio che si rompe, la pax imposta dalla camorra è svanita: «Prima c'era chi controllava - dice Alessandro, tabaccaio di piazza Sanità -, io sono stato rapinato solo fuori dal quartiere, mi hanno speronato con l'auto e sparato. In fondo mi è successo solo due volte, per essere di Napoli mi è andata bene». Non resta che l'ironia.

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