Che il nostro Paese abbia problemi con la lentezza della giustizia è cosa nota. Spesso ce lo ricordano dall'Europa, invitandoci a darci una mossa per cambiare le cose e velocizzare quel tanto che basta per essere un Paese civile. La storia che vi stiamo per raccontare, però, è da record storico. Per accertare la proprietà di un terreno ci sono voluti addirittura 80 anni. Si trattava di una vertenza iniziata nel lontano 1934 tra il Comune di Arienzo (Caserta) e la famiglia de Falco per accertare, in tema di diritto feudale, la natura "allodiale" (piena proprietà) di un terreno di dieci ettari. È stato richiamato il catasto francese del 1801 risalendo fino al 1536, per accertare "possessi continui e non interrotti" di terreni contesi tra la proprietà pubblica di un uso civico comunale e quella privata e sono stati tirati in ballo anche i provvedimenti legislativi emanati durante la reggenza del Regno di Napoli di Giuseppe Bonaparte. La vicenda si è conclusa con una sentenza del Commissariato per la liquidazione degli usi civici per la Campania ed il Molise; è stata riconosciuta la piena proprietà delle terre alla famiglia de Falco.
Per il Comune le terre spettavano alla collettività contadina comunale che fin dall’anno 1536 poteva ricavare i prodotti necessari alla sopravvivenza, come enunciato dalla sentenza del 29 novembre 1809 della Commissione feudale, intervenuta nel giudizio del Comune di Arienzo contro il Principe di Colubrano. Dopo infiniti accertamenti, ricerche d’archivio, perizie, opposizioni, ricorsi, verifiche tecniche e un numero imprecisato di esperti, il commissario per la liquidazione degli usi civici per la Campania ed il Molise, presidente Anna Maria Allagrande, ha posto la parola fine alla causa ed ha accolto la tesi sostenuta per anni, per ultimo dal professor Diego de Falco, docente di Statistica matematica nell’Università Statale di Milano difeso dall’avvocato Amedeo Passaro del Foro di Napoli, esperto di Diritto Feudale, riconoscendo la piena proprietà delle terre alla famiglia de Falco, come è risultato, "dopo faticosa ricerca, dal catasto francese del 1801, foglio 496, istituito da Giuseppe Bonaparte".
"Si tratta - spiega l’avvocato Passaro - di un caso molto interessante che, senza dubbio, denota i meccanismi infernali dell’accertamento della verità processuale dopo due secoli ma è anche uno straordinario esempio di analisi storica. Basta leggere la sentenza del presidente Allagrande per rendersene conto".
Una vicenda davvero incredibile che il legale commenta con un ironico riferimento filosofico: "Come afferma Heidegger, le vie che portano alla verità sono le stesse che portano all’errore per cui la giustizia italiana è lenta ma difficilmente commette errori".
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