"Il Gossip è peccato". Parla il re dei peccatori

Roberto D'Agostino e la civiltà del pettegolezzo. "Il Vaticano è un paese pieno di lavandaie"

"Il Gossip è peccato". Parla il re dei peccatori

Le strade dell'inferno sono lastricate di gossip. Non che Papa Francesco usi esattamente queste parole. È chiaro, però, che il pettegolezzo lo irrita. Ci vede il marcio di questo tempo. È qualcosa di diverso da un peccato. È la carta d'identità di una civiltà dove si sparla per sentirsi vivi. Ci torna e ci ritorna, magari come ha fatto durante l'Angelus in piazza San Pietro. «Il chiacchiericcio contro gli altri è una peste più brutta del Covid». È un contagio, una malattia, un veleno. Il capomastro dei chiacchieroni, dice, è il diavolo. Siccome non si può intervistare Lucifero o Belzebù, non resta che rivolgersi a chi da lontano vagamente gli assomiglia. Non per l'anima, ma per la barba e per quello sguardo che, se lo incroci, un po' ti scava dentro. È uno che sulle chiacchiere ha costruito una rivoluzione editoriale. Dagospia, se la guardi senza pregiudizi, è una strada della conoscenza. Svela i segreti del potere.
Roberto D'Agostino è a Sabaudia e da casa sua sente il mare. Qualche volta è convinto che parli. È lo stesso suono delle storie che gli raccontano. Sta rileggendo un romanzo di Gay Talese. Lo scrittore che ama di più. «Peccato che in Italia non sia tradotto abbastanza». La prima cosa che ti dice sulle parole del Papa è: «Ancora?».

Ancora. Ripetere aiuta.
«Sì, ma cosi è una fissa. Ogni tanto si affaccia e spara queste prediche contro il chiacchiericcio. Me ne ricordo una nell'ottobre dell'anno scorso, quando disse che i pettegolezzi inquinano. Lo fece addirittura durante la messa per la giornata missionaria».

Non si può?
«Mi chiedo che c'entrano le chiacchiere con i missionari. Non è importante. La prima volta che puntò l'indice contro il gossip fu il 2 settembre 2013 a Santa Marta. Disse che le chiacchiere minacciano la comunità umana, seminando invidie e gelosie, fino a dire una cosa forte. Il pettegolezzo può uccidere una persona».

Ma te le segni tutte?
«È che questa ossessione di Francesco mi incuriosisce. Mi chiedo perché».

Perché cosa?
«Da dove nasce».

Ti sarai dato una risposta.
«È che lui si ritrova al centro delle chiacchiere».

Stai rimproverando qualcosa al Papa?
«Dico solo che la Chiesa è il regno dei pettegolezzi e lui di quel regno è il capo. Lo sai cosa diceva il compianto monsignor Marcinkus?».

No.
«Il Vaticano è un paese di cinquecento lavandaie. Dagospia è niente al confronto. Solo Benedetto XVI ha cercato di frenare la fabbrica del gossip di San Pietro. Quando qualcuno spettegolava, salutava, si girava e se ne tornava nelle sue stanze».

La fonte?
«Me lo hanno raccontato».

Dì la verità: ti scoccia passare per grande peccatore?
«Figurati. Come tutti ho una vita di peccati. Ho sempre pagato per quello che ho svelato. Però siamo sicuri che quello che chiamiamo pettegolezzo sia spazzatura? Il romanzo più bello del secondo Novecento per me è Fratelli d'Italia di Alberto Arbasino. Mi riferisco alla prima edizione. È il racconto di tutti i pettegolezzi d'Italia. Lo stile poi, certo, fa la differenza. Quello che dico sempre è che da mille portinai può nascere un Proust. Ora ti leggo una cosa, da un Cretino in sintesi di Fruttero e Lucentini».

Vai.
«Noi non scartiamo l'ipotesi che nella maldicenza si debba vedere l'estremo rifugio dell'individuo indipendente (...). Tagliare i panni addosso agli altri è forse l'ultima trincea del libero pensiero».

Cos'è il gossip?
«Gli americani lo hanno sempre detto: il gossip è una bugia che dice la verità».

Ma è o non è una bugia?
«Qualche volta è una mezza verità, altre una verità e mezza. Tutta la letteratura, e il giornalismo, è una storiella che qualcuno ti ha raccontato».

Come nasce?
«Ti faccio un esempio. L'altro giorno mi chiamano da piazza San Lorenzo in Lucina: guarda che c'è Renzi che è entrato nella gioielleria di Pomellato. Ecco, da qui partono le domande. Che è andato a fare? È andato a comprare un bel regalo alla dolce Agnese?».

Saranno affari suoi.
«Certo, ma siccome è un uomo di potere riguarda tutti. Dagospia fa questo. Ti racconta quello che sta accadendo in Mediobanca, quello che fa Casalino. È conoscenza. La conoscenza è potere e resistenza contro il potere. Il gossip è curiosità. C'è una notizia che non trovi da nessuna parte e che vorrei capire».

Quale?
«Paola Severino non è più l'avvocato dello Ior. Al suo posto c'è un ragazzo di trent'anni. Che sta succedendo? Come nasce questa scelta della Santa Sede? Di chi è amico il nuovo avvocato? Cosa c'entrano i gesuiti? Domani lo scrivo».

Cosa dà fastidio ai potenti?
«Le foto. Io le scelgo brutte, così si incavolano. Sapessi quanti mi chiamano per chiedere: ti posso mandare una mia foto ufficiale? Poi scrivi che rubano e non si fanno manco sentire».

C'è un pettegolezzo di cui ti sei pentito?
«Mi è capitato all'inizio, per inesperienza. Poi, come dicono a Roma, anche le breccole maturano. Raccontai la scappatella estiva di una conduttrice televisiva a Porto...».

Dove?
«Lasciamo stare. Il problema è che non avevo indagato sul suo stato di famiglia. Non immaginavo che questa era sposata, con figlia, e mi sono poi ritrovato in tribunale con il marito che rivendicava la patria potestà sulla pupa. Te lo giuro: avrei fatto mille volte a meno di scrivere su quella scappatella».

Mai arrivate polpette avvelenate?
«Valanghe. Fa parte del gioco.

Solo che chi te le invia poi deve stare attento».

Esce dal gioco. Fonte sporca.
«Non solo. Io non sono cattivo, ma stronzo. Molto stronzo. Se mi fanno qualche scherzo mi applico su di loro e li massacro fino all'ultimo giorno».

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