La Buvette

Riflettori accesi su Mario Draghi e le fibrillazioni interne alla maggioranza

Tutti i retroscena che danno il presidente del Consiglio come stanco delle continue liti tra i partiti. Tutti lo tirano per la giacchetta

Governo all’ultima spiaggia?

Cosa accade tra le stanze damascate dei palazzi della politica? Cosa si sussurrano i deputati tra un caffè e l'altro? A Roma non ci sono segreti, soprattutto a La Buvette. Un podcast settimanale per raccontare tutti i retroscena della politica. Gli accordi, i tradimenti e le giravolte dei leader fino ai più piccoli dei parlamentari pronti a tutto pur di non perdere il privilegio, la poltrona. Il potere. Ognuno gioca la propria partita, ma non tutti riescono a vincerla. A salvarsi saranno davvero in pochi, soprattutto dopo il taglio delle poltrone. Il gioco preferito? Fare fuori "l'altro". Il parlamento è il nuovo Squid Game.

Sempre più voci parlano di un Mario Draghi stanco delle continue liti all’interno della maggioranza. A nulla servono i richiami ufficiali e le “minacce”. Ma la domanda è: Mario Draghi è davvero pronto a far saltare tutto per godersi le vacanze in santa pace? Al momento non è dato sapere, ma fonti interne a Palazzo Chigi ci dicono che Draghi “non arretra di un millimetro” di fronte alle insistenti richieste dei partiti.

“Non transige su politica estera, delega fiscale e concorrenza”. Bisogna portare a casa il Pnrr e l’Italia, in un momento delicato come questo, non può dimostrarsi debole al resto d’Europa. Così Draghi deve imporsi. Per alcuni parlamentari le voci di un Draghi stanco sono tutte tattiche politiche, ne è convinto Francesco Forciniti di alternativa: “Ogni volta che le forze politiche provano timidamente a dire qualcosa lui fa uscire delle indiscrezioni per dire che è pronto alle dimissioni. Un modo per intimorirli e farli ritornare nei ranghi”.

E così, (sarà per la paura del voto) dopo mesi di lotta interna i partiti hanno finalmente trovato un accordo, ma non basta a far calmare le acque. Sul tavolo restano tanti problemi, forse anche troppi. Letta accusa Salvini sulle tasse, Salvini rincara sul ddl Zan; Renzi spara su Conte e il reddito di cittadinanza e l’avvocato rilancia. È sempre così, tutti i giorni. Archiviato un tema se ne apre subito un altro.

Per Claudio Borghi, il momento giusto per aprire la crisi è adesso in modo da poter andare al voto a settembre. Ma siamo davvero sicuri che i parlamentari siano pronti a staccare la spina al governo di unità nazionale? Sicuramente no. Ne è certo Osvaldo Napoli, politico navigato che fa due conti in tasca ai colleghi. “Qui quasi tutti i parlamentari alla prima legislatura hanno fatto il mutuo, figuriamoci se rinunciano a uno stipendio da più di diecimila euro al mese”.

Le voci di presunte dimissioni e crisi di governo aumentano la tensione che si taglia con il coltello. “Si torna prima alle urne?” è la domanda ricorrente che circola tra le pareti ovattate del Palazzo. “Non si sa mai cosa passa per la testa dei leader” e Luigi Di Maio, che teme di perdere il prestigioso posto agli esteri, avverte: “Il governo deve arrivare fino alla fine, no al Papeete 2”. Il riferimento è certamente a Matteo Salvini, ma anche a

html" target="_blank" data-ga4-click-event-target="internal" rel="noopener">Giuseppe Conte che continua a tirare troppo la corda.

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