CasaPound, profilo basso sullo sgombero. "Non faremo battaglie sul palazzo occupato"

Il portavoce: "Siamo disposti a essere regolarizzati"

CasaPound, profilo basso sullo sgombero. "Non faremo battaglie sul palazzo occupato"

"Faremo manifestazioni per le nostre battaglie politiche, in primis la re-immigrazione, ma non per il palazzo occupato". Luca Marsella, portavoce di CasaPound, ce lo dice subito: "Ci facciano sapere se intendono sgomberarci oppure regolarizzarci". La strada dunque potrebbe essere quella della soluzione politica. Perché, sebbene il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi abbia detto che il palazzo di via Napoleone III rientra nell'elenco del Viminale degli stabili da sgomberare e che "prima o poi arriverà anche il suo turno", la dichiarazione di un altro ministro, Alessandro Giuli, ha lasciato aperto il dialogo e, soprattutto, la possibilità di raggiungere un'intesa. Magari su un affidamento a canone concordato.

Giuli è stato possibilista. "Nella misura in cui CasaPound si allinea a criteri di legalità", ha spiegato, lo sgombero può essere evitato. D'altra parte questa soluzione è stato presa, sia a Roma sia in altre città d'Italia, in molte occasioni.

Due esempi a Roma. Ce li ricorda Domenico Di Tullio, avvocato penalista vicino al palazzo occupato. In primis, il Forte Prenestino. "Fu acquistato da Alemanno per una dozzina di milioni di euro e poi affidato agli storici occupanti dell'ultrasinistra". Poi c'è il complesso delle Caserme del Porto Fluviale. "È stato acquistato da Gualtieri, fatto ristrutturare coi fondi del Pnrr e riconsegnarlo agli occupanti". Davanti a questi due precedenti Marsella rilancia la palla in campo: "Perché questo non può avvenire a CasaPound? Se veniamo paragonati ai centri sociali, allora si adottino le stesse metodologie adottate con altri centri sociali che non vengono sgomberati".

L'occupazione di CasaPound risale al 2003. Era la sede di un ente ministeriale disciolto negli anni Novanta, poi rimasta vuoto. Al tempo se ne occupò anche l'amministrazione Veltroni. C'è persino una delibera comunale del 2007 che assegnerebbe 17 alloggi di via Napoleone III. "Dovrebbero essere proprio quelli di CasaPound - fa notare Di Tullio - anche se non è mai stato comunicato agli assegnatari". A fronte di decine e decine di centri sociali abusivi e occupazioni rosse, quella delle tartarughe resta ad ogni modo un unicum in tutto il Paese. E forse, proprio per questo, dà tanto fastidio a sinistra. "Esistiamo da oltre vent'anni - ci fa notare Marsella - la sinistra è stata al governo più volte ma non ha mai pensato di sgomberarci". Poi c'è il caso di Gualtieri che, invece, "parlando a un dibattito che si tenne in un centro sociale occupato ricorda il portavoce - un po' paradossalmente chiese che venisse effettuato lo sgombero del nostro stabile".

Ora l'opposizione è tutta infervorata. Ora ne pretende l'immediata chiusura. Ma solo dopo che il governo ha sfrattato il Leoncavallo. Manco fosse una ripicca. E poco o nulla le importa se, al civico 8 di via Napoleone III, vive una ventina di famiglie, insieme.

Famiglie che non possono permettersi di pagare un affitto né tanto meno andare in banca ad accendere un mutuo.

"Noi, in vent'anni, in un quartiere multietnico come l'Esquilino, non abbiamo mai creato problemi né, a differenza di altri centri sociali, abbiamo mai chiesto soldi alle famiglie che abitano nel palazzo", fa notare Marsella. "Credo ci siano altre priorità tra le occupazioni. Perché si deve partire da CasaPound? Perché non abbiamo la bandiera rossa appesa alla finestra?".

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica