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I 5 Stelle scesi sulla terra

Non è detto che la partita del governo finisca al novantesimo. Quello visto fino ad ora permette di tirare un bilancio

I 5 Stelle scesi sulla terra

Il primo tempo della partita post elettorale finisce in parità. C'è stata molta tattica e pochi guizzi, nessuno ha voluto rischiare di pregiudicare il risultato. Ora l'intervallo pasquale, poi il secondo tempo con l'inizio delle consultazioni al Quirinale. Ma non è detto che la partita finisca al novantesimo e già in molti prevedono la necessità dei supplementari e dei calci di rigore per decidere chi, e con chi, andrà a Palazzo Chigi. Quello visto fino ad ora permette comunque di tirare un primo bilancio.

Primo. I Cinquestelle hanno preso atto che in democrazia si comanda, a differenza di quanto sostenuto in campagna elettorale, con il 51 per cento. E avendo preso solo il 32, se vogliono andare al governo devono allearsi con uno o più dei tanti nemici storici. Più precisamente ne ha preso atto il gruppo dirigente, non la base elettorale che ancora dice di essere indignata alla sola idea di doversi accasare con qualche puzzone, cioè chiunque non sia dei loro (fatto questo non irrilevante per il futuro consenso del giovane Di Maio).

Secondo. I Cinquestelle hanno capito che se vogliono governare, smentendo se stessi, dovranno dividere programmi e poltrone con gli alleati, perché nessuno è fesso al punto da dare i propri voti a Grillo senza nulla in cambio (loro fino a ieri chiamavano questa ovvia e legittima prassi «inciucio», «spartizione», «cancro della democrazia», oggi parlano più propriamente di «trattativa»).

Terzo. I Cinquestelle stanno intuendo un'altra banale verità, cioè che non possono decidere la formazione della squadra avversaria. Nel senso che se giocheranno la partita di governo con il centrodestra, dovranno farlo anche insieme al detestato Silvio Berlusconi, e con l'odiato duo Renzi-Boschi se la sorte li farà avvicinare al Pd (entrambe le cose non sono accettabili dalla loro base).

Quarto. La vivacità esibita in queste settimane da Di Maio e Salvini fa dubitare che una persona terza rispetto a loro e dotata di un minimo di buonsenso e dignità accetti di fare il premier di un governo Cinquestelle-Lega. Il suo ruolo sarebbe infatti solo quello di segretario-portaborse dei due esuberanti leader, senza nessuna autonomia e prestigio sia nazionale che internazionale.

Quinto. Silvio Berlusconi ha chiara una cosa. Forza Italia deve rimanere in campo ad ogni patto, perché fino a che si gioca tutto può accadere. Se sdegnati si abbandona, è finita. E questo sarà un problema non da poco sia per Salvini che per tutti.

Sesto. Detto tutto questo, il sesto punto è tutto da scrivere.

E neppure Mattarella, per quel poco che so, saprebbe suggerirci oggi l'attacco del pezzo.

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