Periferie d'Italia

I cantieri navali più antichi d'Italia, tra passato e futuro

Il cantiere navale più antico d'Italia non ha un chiaro e ambizioso piano a lungo termine

I cantieri navali più antichi d'Italia, tra passato e futuro

Dal 1783 Castellammare di Stabia è sinonimo di cantieristica navale. Il cantiere fu voluto da Giovanni Edoardo Acton, primo ministro del re Ferdinando IV di Borbone, perché il porto di Napoli non bastava più per costruire le navi per la flotta del regno.La prima imbarcazione a essere costruita fu la Partenope, varata nel 1786. Il cantiere fu poi ingrandito da Gioacchino Murat. A Castellammare si costruirono anche navi a vapore. Dal 1841 al 1846 il cantiere costruì quattro pirocorvette: l’Archimede, la Carlo II, l’Ercole e la Sannita.

Con l’arrivo dell’Unità d’Italia nel cantiere erano in costruzione la pirofregata Farnese in seguito ri-denominata Italia, la pirocorvettaEtna e in allestimento la pirofregata Borbona che divenne la Giuseppe Garibadi, varata il 18 gennaio 1860. La nave più famosa costruita nel cantiere è l’Amerigo Vespucci, veliero della Marina Militare, la celbre nave scuola per l’addestramento degli allievi ufficiali dei ruoli normali dell’Accademia navale.

Oggi i cantieri sembrano aver superato la crisi degli ultimi anni, ma ancora non hanno trovato la stabilità che i lavoratori vorrebbero (guarda le foto).

Giuseppe Terracciano, Segretario Generale della Fim CislCampania e Francesco Griffo responsabile cantieristica della FimCisl Campania si dicono comunque speranzosi per il futuro del cantiere.

Attualmente i lavoratori stanno ultimando un troncone per una nave da crociera della Carnival che poi verrà finito a Monfalcone. Già fervono invece i preparativi per la costruzione di una nave militare che anch’essa poi verrà terminata altrove. Al momento però ci sono un centinaio di lavoratori in trasferta, sui 500 complessivi, perché il carico di ore attuale non basta a far lavorare tutti i dipendenti.

Uno dei problemi che il cantiere si porta avanti da anni è quello del bacino che non ha la capacità di far attraccare navi di grandi dimensioni. La Regione si era detta anni fa disponibile a costruirne uno nuovo, ma in un tempo giudicato troppo lungo da Fincantieri. Alla fine l’azienda ha deciso di adibire lo stabilimentoalla costruzione di traghetti, navi di piccole dimensione, tronconi di navi o alla costruzione degli interni. Terracciano e Griffo puntualizzano però che la Fim Cisl chiede comunque che la questione del bacino sia nuovamente presa in considerazione.Nonostante, aggiungono, “la Regione oggi sembra più propensa a trasformare la zona in un porto turistico. Il turismo e il cantiere però devono essere complementari, non messi uno contro l’altro”. Il sito oggi è uno dei più efficienti di Fincantieri. Si è fatto un accordo per le 36 ore lavorative , si lavora per sei giorni alla settimana, si va alla mensa a fine turno e non a metà e vi è una flessibilità sul modello FCA Fiat. In Francia, come dimostra la recente acquisizione dei cantieri Stx da parte di Fincantieri, la cantieristica si difende a spada tratta. Bisogna quindi puntare su una forte cantieristica europea e l’Italia e la Campania devono difendere i loro siti produttivi.

I due sindacalisti si dicono preoccupati del fatto che il cantiere di Stabia navighi però ancora a vista e non abbia un chiaro e ambizioso piano a lungo termine. I sindacalisti non sono troppo convinti a lungo termine della soluzione di costruire parti di navi da poi completare in altri luoghi. Credono che Stabia si debba specializzare in qualche settore per avere più certezze nel lungo termine. Per ora Fincantieri sta ragionando sulla polifunzionalità. Il cantiere passa quindi dalla costruzione di traghetti, a tronconi di grandi navi da completare altrove e all’allestimento degli interni. Fincantieri ha fatto anche un lavoro enorme per essere sicura che non ci fossero infiltrazioni malavitose nell’indotto. Il cantiere inoltre oggi dispone di una forza lavoro molto giovane.

In sostanza lavoratori e sindacati sperano che la Campania non abbia paura dell’industria e la sappia rendere complementare al turismo e all’agricoltura.

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