I cattolici sul piede di guerra: "Così si apre la strada all'eutanasia"

Le associazioni fanno suonare l'allarme: "È la cura stessa a non essere più considerata necessaria e prioritaria. Possibilità di avere un caso Charlie Gard anche in Italia"

I cattolici sul piede di guerra: "Così si apre la strada all'eutanasia"

Il timore che la nuova legge sul biotestamento possa aprire la strada a una eutanasia meno strisciante di quanto si possa pensare o a un fine vita omissivo. La convinzione che non si siano prese in considerazione tutte le implicazioni delle nuove disposizioni normative. La preoccupazione che non vengano tutelati neppure i medici nel loro diritto all’obiezione di coscienza.
Nel giorno in cui il Senato approva le «norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari», il mondo cattolico certo non conquista i riflettori come un tempo, ma prova comunque a far sentire la propria voce. Su Avvenire si legge, ad esempio, che «l’assolutizzazione della libertà individuale e la sua tutela, così come l’amministrazione della morte, non è richiesta da un buon funzionamento dello Stato. A monte di certe posizioni sta una visione etica individualista del cittadino, della società civile, della vita e della morte, in cui si restringe lo spazio di una solidarietà che è affermata dalla Costituzione e deve unire tutta la società, aiutando a non sentirsi soli di fronte alla sofferenza e alla morte. Gli strattoni che la stampa cosiddetta laica ha dato alle recenti parole di papa Francesco circa l’accanimento terapeutico sono rivelatori di intenzioni che mirano a sancire la disponibilità assoluta della propria vita richiedendo la complicità dello Stato. Papa Francesco ha ripetuto la dottrina tradizionale, quella che troviamo in Pio XII, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e nella nuova Carta degli operatori sanitari del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute (2016). Il nodo è ciò che è da intendersi come accanimento terapeutico nella situazione concreta del malato, che non può essere prevista da nessuna legge ed entra piuttosto nella relazione di cura in cui è coinvolto il medico».

Alberto Cerutti, del Comitato Italia per la Vita, arrivato sotto il Senato per consegnare una petizione contro la legge, definisce le nuove disposizioni «un disastro per la civiltà moderna al pari dell’aborto. L’aspetto più inquietante è che l’idratazione e l’alimentazione vengano trattate alla stregua di cure mediche. Ma in ogni caso è la cura stessa a non essere più considerata necessaria e prioritaria. Si va verso la possibilità di avere un caso Charlie Gard anche in Italia. Il paradosso è che tutte le categorie che si occupano di malati non vogliono la legge, in primis i medici che contestano la cancellazione del diritto all’obiezione. Mi chiedo se i senatori abbiano una coscienza e una umanità oppure per loro valga solo l’ideologia».

Sul piede di guerra anche la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e la Fondazione Policlinico universitario Gemelli di Roma che in un intervento congiunto contestano la possibilità di «risolvere il processo assistenziale in un protocollo da scomporre in procedure mentre è sempre implicata una dimensione umana imprevedibile, non standardizzabile, non definitiva e che si gioca nella relazione personale paziente-famiglia- medico. Il problema di fondo è la comunicazione, che non può essere sostituita dalle caselle barrate di un formulario e che non si può improvvisare all’ultimo minuto, ma dovrebbe essere costruita via via in una relazione di cura all’interno della quale il desiderio del Paziente e dei suoi familiari si integri in una logica di rispetto reciproco con la sensibilità etica degli operatori sanitari».

Toni Brandi, presidente di ProVita Onlus, sostiene senza mezzi termini che «i senatori del PD e i 5 Stelle hanno hanno legalizzato l'eutanasia in Italia. Una legge che calpesta il diritto all'autodeterminazione dei minori, dei malati e dei disabili che non sono in grado di revocare le DAT firmate in un tempo antecedente. Una legge che obbliga i medici a uccidere e che calpesta la libertà e la professionalità di tutto il personale sanitario. Una legge che considera la morte un bene e la vita un male e che induce così anziani, malati e disabili a "togliere il disturbo" quando la loro vita non è più considerata "degna di essere vissuta».

Infine il Comitato Articolo 26 per il quale «Con il biotestamento il partito radicale di massa' grazie a un sodalizio parlamentare che fa riflettere, approva un'altra legge incivile, nociva e lontana dal Paese reale e dalle famiglie. Un passo avanti verso un mondo in cui la pagheranno cara i più deboli».

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