I giorni del Capitano solo e indeciso a tutto

I giorni del Capitano solo e indeciso a tutto

Un gioco del cerino lungo tredici giorni. Da quando la sera dell'8 agosto Matteo Salvini ha deciso di terremotare il governo mettendo nero su bianco che bisognava restituire «velocemente la parola agli elettori» fino al pomeriggio di martedì prossimo, quando Giuseppe Conte si presenterà in Senato per «parlamentarizzare» quella che ormai da quasi due settimane è solo una crisi di fatto.

Giornate d'agosto fatte di sali e scendi imprevedibili, con il leader della Lega che si è prodigato in una capriola che politicamente parlando è ai limiti del farsesco. Dopo aver staccato la spina al governo dalla spiaggia di Sabaudia e presentato in Senato una mozione di sfiducia a Conte, il vicepremier è infatti tornato prepotentemente sui suoi passi. Al punto che, racconta chi ieri ha avuto occasione di sentirlo, se davvero il premier decidesse di porre la fiducia sulle sue dichiarazioni a Palazzo Madama ora Salvini non esclude di votare a favore. Uno scenario surreale, non solo considerando la durezza con cui il ministro dell'Interno ha dichiarato chiusa l'esperienza del governo gialloverde, ma anche per la nettezza con cui solo pochi giorni fa la Lega pretendeva che la sua mozione di sfiducia al premier venisse calendarizzata in Senato prima delle comunicazioni di Conte.

Non solo è finita che sarà il presidente del Consiglio a parlare per primo. Ma ora pare alquanto probabile che la Lega non ripresenterà la mozione di sfiducia per la quale solo cinque giorni fa era pronta a stracciarsi le vesti. Senza contare che se martedì il premier dovesse decidere di chiedere un voto di fiducia sulle sue comunicazioni, Salvini potrebbe anche votare in suo sostegno. Certo, il condizionale è d'obbligo. Non solo per come si sta ingarbugliando la partita, ma anche perché il leader della Lega pare ormai in uno stato confusionale permanente. Non è un caso che da 72 ore si guardi bene dal commentare gli sviluppi della crisi. Proprio lui l'uomo degli ultimatum dal Papeete beach di Milano Marittima, dei tre comizi al giorno in giro per le spiagge di tutta Italia e delle dirette Facebook quasi quotidiane sembra improvvisamente aver perso la favella. Parla con qualche comunicato stampa, ma solo della vicenda Open Arms. Oppure si limita ad alcuni tweet. Uno per dire che è in spiaggia con la figlia, come a dire che non s'interessa delle romane cose. L'altro per polemizzare con Roberto Saviano. «Mi vuole vedere in galera. Che faccio amici, gli do retta e mi dimetto o tengo duro?», scrive il ministro dell'Interno confermando che l'ipotesi di ritirare la delegazione governativa della Lega non è più all'ordine del giorno.

Salvini, insomma, ha deciso di inabissarsi. Ha staccato le comunicazioni con quasi tutti i suoi uomini più fidati e da due giorni si riposa nei pressi di Firenze nella villa di Denis Verdini, ex braccio destro di Silvio Berlusconi e padre della fidanzata Francesca. Chissà che l'ex senatore di Forza Italia e Ala, uno che nella gestione del pallottoliere parlamentare è sempre stato un genio, non possa dargli una mano a ritrovare un po' di lucidità dopo la sfilza di autogol di queste settimane. Potrebbe essere stato proprio Verdini, per dire, a fargli ronzare nell'orecchio l'idea di aprire ad un governo di scopo con dentro anche la Lega. Comunque sia, non c'è dubbio che ormai la situazione si è di molto attorcigliata. Perché M5s e Pd stanno ragionando seriamente sulla possibilità di dar vita ad un governo per «anestetizzare» Salvini che, in uno scenario del genere, rischierebbe di aver aperto la crisi per autoconsegnarsi all'opposizione per i prossimi anni. Di qui la tentazione di calare le braghe se il premier volesse arrivare allo scontro frontale con la fiducia. Una strada che a ieri era ancora piuttosto «quotata» a Palazzo Chigi.

In privato, infatti, Conte non lesina critiche verso il ministro dell'Interno. Un «malato di delirio di onnipotenza», lo hanno sentito dire più volte. E ancora: «Non sarò certo io a dargli una mano per risalire dal burrone dove si è gettato».

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