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Le 'ndrine ora facevano i soldi coi loculi per clandestini morti

Dall'indagine contro il clan Mancuso emerge il business che ruota attorno ai morti in mare. Gli affiliati si spartivano i cadaveri e a volte li seppellivano senza bara. Nel mirino anche due politici interessati a un centro di accoglienza

Le 'ndrine ora facevano i soldi coi loculi per clandestini morti

I migranti sono un affare. Da vivi, ma anche da morti. La mega inchiesta 'Rinascita Scott', che ha portato a più di 300 arresti in giro per l'Italia e l'Europa, oltre a confermare il potere criminale dei Mancuso e di tutti gli altri clan satelliti, ha evidenziato ancora una volta quanto sia redditizio il business dei migranti per la 'ndrangheta.

Dalle carte dell'indagine coordinata dalla Dda di Catanzaro, infatti, emergono gli affari illeciti nel mercato del 'caro estinto' straniero e delle cappelle cimiteriali. Gli uomini d'onore calabresi non solo truccavano le gare d'appalto sui servizi funebri, ma non si facevano scrupoli a seppellire come veniva i migranti morti in mare, a volte senza nemmeno metterli nelle bare.

Al centro di questo business ci sarebbe Orazio Lo Bianco, che secondo gli inquirenti farebbe parte dell'omonima cosca vibonese. L'uomo è accusato di aver turbato la gara d'appalto per la sepoltura di 16 migranti in concorso, tra gli altri, con un pubblico ufficiale del Comune di Vibo Valentia.

Lo Bianco, sfruttando il fatto di appartenere al clan, avrebbe impedito a un imprenditore funerario di Pizzo Calabro di partecipare all'appalto.

Nell'ordinanza di custodia cautelare sono riportati i dialoghi di chi era coinvolto nell'affare e lucrava sui cadaveri dei migranti: “Qua ci sono 40 morti”. “No dieci”. “No sedici morti erano! Otto te li fai tu e otto me li faccio io! Invece Manuele fai una cosa compra tutte le cose tu e dividiamo le spese.. Io stesso ho comprato le casse, io stesso gli ho pagato...”.
In un'altra circostanza gli indagati avrebbero simulato una sepoltura nel cimitero di Bivona (provincia di Vibo) in quanto le salme di due migranti sarebbero state tumulate senza la prevista cassa di legno. In particolare, annotano gli inquirenti, Orazio Lo Bianco e Rosario Pugliese, rispettivamente in qualità di titolare apparente e di socio occulto dell'impresa di pompe funebri 'Le Stelle', “impartivano disposizioni in ordine alla modalità di esecuzione del seppellimento e agli espedienti volti a impedire l'accertamento del mancato rispetto della commessa”.

In altri casi i controlli sono scattati in seguito alle segnalazioni dei cittadini su cattivi odori provenienti dai loculi. Le riesumazioni hanno permesso di scoprire che alcuni immigrati – tra cui una donna incinta – non erano stati tumulati nei posti a loro assegnati. Per altre due salme non ancora tumulate non era nemmeno stata indicata una data per la sepoltura. Da un loculo, in particolare, “fuoriuscivano degli odori nauseanti”, al punto di spingere gli operatori a smontare una lapide. Si è così scoperto che all'interno di quel loculo “vi era presente solo la parte interna in zinco della bara, risultando pertanto sprovvista della dovuta cassa in legno prevista dai regolamenti comunali”. Non proprio una degna sepoltura.

Nell'inchiesta sono finite anche due vecchie conoscenze della politica calabrese: il segretario regionale del Psi, candidato con il centrosinistra alle ultime Politiche nel collegio uninominale di Castrovillari, Luigi Incarnato, e l'ex consigliere regionale Pietro Giamborino.

Incarnato, secondo gli inquirenti, per ottenere il voto, avrebbe offerto a Giamborino e a Pino Cuomo, “che accettavano l'accordo”, la propria disponibilità “a favorire gli interessi economici/imprenditoriali di questi ultimi, in quanto interessati alla

realizzazione, nel Comune di Paola, di un centro di accoglienza straordinario per migranti richiedenti asilo”. Per Giamborino c'è anche un'aggravante, perché avrebbe avrebbe agito al fine di agevolare e rafforzare la 'ndrangheta.

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