I sindaci difendano la proprietà privata dalle occupazioni

La tutela della proprietà sia uno dei capisaldi dell'ordine giuridico e dell'ordine pubblico

I sindaci difendano la proprietà privata dalle occupazioni

Tra le questioni spinose che dovranno affrontare i nuovi sindaci delle grandi città ce n'è una che ogni tanto fa capolino ma che non è stata ancora colta in tutta la sua gravità: l'occupazione abusiva di immobili. Sala, ma soprattutto Parisi, ne hanno ampiamente parlato durante la campagna elettorale, condividendo la necessità di intervenire contro le occupazioni abusive e di procedere all'assegnazione degli alloggi.

A Roma si è discusso, purtroppo, più delle Olimpiadi che della gran quantità di edifici pubblici abbandonati, fabbriche dismesse e alloggi popolari non assegnati gestiti dal racket, mentre un luogo di eccellenza, il teatro Valle, è stato nuovamente occupato e sgomberato.

Anche nella periferia torinese, fuori dal compìto centro, si è tornati ad occupare case mai assegnate, alimentando probabilmente quel sentimento di irrequietudine e insoddisfazione che ha determinato la sconfitta di un pur bravo sindaco come Fassino.

Occupare immobili dismessi, case popolari assegnate o teatri rivela esigenze e problemi molto diversi tra loro. Se il fenomeno del Valle è emblema di appropriazione (illegale) della cultura attraverso gli spazi, le occupazioni ad uso abitativo rivelano uno stato di abbandono non solo degli edifici occupati ma anche dei disperati che le occupano. Un abbandono a sua volta che ha origini distinte, tra l'incuria della pubblica amministrazione quando ritarda l'assegnazione degli alloggi e le più disparate vicende se si tratta di immobili privati. Ci sono poi casi ancora più gravi, specie nelle periferie popolari, di uso della violenza per occupare case già abitate, rispetto ai quali l'anello debole è l'incapacità delle autorità preposte all'ordine e alla giustizia di riconsegnare velocemente ai proprietari o assegnatari le loro unità abitative.

Fenomeni, si è detto, diversi tra loro, ma accomunati da un elemento cruciale: lo spregio del più tradizionale dei nostri diritti, quello di proprietà.

La cosa non sorprende: la proprietà è, nella nostra attuale cultura giuridica, figlia di un diritto minore, disprezzata persino dalle nostre amministrazioni quando occupano abusivamente un pezzo di terra privato e solo dopo lo espropriano.

Ciò che però sorprende in questi ultimi anni è l'aumento dei casi di squatting come sintomo di una guerra tra poveri sotto gli occhi impreparati delle amministrazioni locali e davanti a una giustizia troppo lenta per garantire anche solo un minimo di ordine.

Mentre gli alloggi di edilizia residenziale si deteriorano, fioriscono i movimenti per la casa e, nel quotidiano, c'è chi si attrezza da sé per allacciare abusivamente le utenze.

Le autorità stanno a guardare o talora fanno peggio.

Come a Milano, dove un giudice monocratico nel marzo scorso, nell'assolvere per mancanza di prove alcuni giovani dal reato di occupazione abusiva della «Bottiglieria Okkupata», ha per inciso dichiarato che frequentare un centro sociale occupato è una prassi socialmente accettata.

O come nel Lazio, dove il senso di condiscenza verso le occupazioni, o forse l'inadeguatezza delle istituzioni, ha spinto la Regione ancor più in là: per fronteggiare la situazione particolarmente critica dell'emergenza abitativa nel territorio di Roma capitale, la giunta di Zingaretti non ha saputo far meglio che sanare le occupazioni degli alloggi privati e pubblici, approvando un programma straordinario di interventi e riservando un complesso di alloggi ai nuclei familiari presenti in immobili di proprietà pubblica o privata impropriamente adibiti ad abitazione.

Il disagio, specie nelle periferie, passa dalla

mancanza di ordine. Ai neosindaci va l'auspicio che sappiano cogliere nella tutela della proprietà e nella certezza della circolazione dei titoli di proprietà uno dei capisaldi dell'ordine giuridico e dell'ordine pubblico.

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