Cronache

L’appello disperato delle vedove in marcia: "Adesso fateci vivere"

A Bologna il corteo delle donne rimaste sole dopo il suicidio dei mariti: "I nostri uomini uccisi dalla crisi, non erano pazzi. Ma le tasse si pagano"

L’appello disperato delle vedove in marcia: "Adesso fateci vivere"

Bologna - C’erano Tiziana, Elisabetta e Lucilla, almeno cento bandiere immacolate e tanta commozione nel corteo delle «vedove della crisi», ieri mattina a Bologna. La marcia silenziosa delle mogli sole, dopo che i loro uomini si sono tolti la vita per colpa della recessione, è partita dall’ospedale Maggiore per raggiungere la sede regionale della Commissione tributaria. Due luoghi che sono diventati il simbolo di un dramma collettivo che ha spezzato vite (32 in quattro mesi secondo la Cgia di Mestre), distrutto famiglie e che ha piegato uomini sotto il peso dell’isolamento davanti a un Fisco sordo.
Il 28 marzo scorso, Giuseppe Campaniello, artigiano di origini campane, trasferitosi da anni in Emilia, ha scelto di compiere il suo gesto estremo dandosi fuoco proprio davanti alla sede della Commissione tributaria di Bologna. Inutili i tentativi di soccorrerlo: quella mattina una torcia umana si accasciava sull’asfalto di via Nanni Costa. Sua moglie da quel giorno non dorme più; ma non si è data per vinta e con il sostegno dell’amica Elisabetta Bianchi, figlia di un imprenditore, ha chiamato a raccolta i familiari delle vittime della «crisi killer». Tra loro, anche gli esodati «in lutto», ultimi bersagli della riforma del sistema pensionistico del ministro Elsa Fornero.
La vedova di Campaniello ieri guidava il corteo seguita da uno striscione con la foto del marito e da almeno un centinaio di persone. «Mio marito non era pazzo» ha ribadito con forza. Era rimasto solo. Vestita di nero, Tiziana Marrone, la «vedova bianca» ha parlato con i microfoni di tutta Italia. Questa era la ribalta che voleva per non dimenticare chi si è suicidato.
La paura di raggiungere la tragica conta di vittime della crisi greca ha dato forza alla richiesta alle istituzioni italiane: «Fateci vivere». Così, a Bologna c’era anche Lucilla, occhiali scuri e il volto del marito Gabriele tatuato sul braccio sinistro, quello del cuore. Lui si è tolto la vita quindici mesi fa, a 56 anni. Arrivato da Latina, faceva l’operaio in un’azienda emiliana, era invalido e un giorno non ce l’ha fatta più. «A tutto c’è un limite, anche alla vita» le parole per dire addio alla sua «vedova bianca». E poi c’era Maria Grazia, preoccupata per un figlio che ha un’azienda e un debito consistente con Equitalia. Una signora con la bicicletta rossa e la bandiera bianca sul manubrio.
C’erano disperazione e tristezza, ma anche lucidità. I familiari delle vittime della crisi sanno a chi rivolgersi e da chi prendere le distanze. Innanzitutto dai fatti di giovedì a Bergamo, dove un uomo armato si è asserragliato nella sede dell’Agenzia delle Entrate con un ostaggio. «Si comprende la disperazione del gesto ma non si può condividere». Dissociazione totale anche dalla maglietta di un imprenditore bresciano con la scritta: «Le tasse sono un furto». Le tasse vanno pagate, la risposta delle vedove. Il corteo era oltre e il destinatario del suo appello, anche.
Dopo aver lasciato due mazzi di rose gialle e di gerbere tra i frammenti del rogo dove Campaniello bruciava la sua disperazione, Tiziana Marrone si è rivolta al governo per chiedere di cambiare le sue leggi mettendosi una mano sulla coscienza: «La gente ha bisogno di un rapporto umano che non c’è più». Aldo Scola, presidente della Commissione tributaria dell’Emilia Romagna, alla fine della manifestazione, l’ha ricevuta per un colloquio. Ancora: fuori la politica dal corteo e alcuni esponenti di Pd, Pdl, Idv e Lega presenti, senza simboli di partito. La «marcia delle vedove» però non si ferma qui.

Una lettera è stata inviata a Papa Benedetto XVI e un libro è in cantiere insieme alla richiesta di una targa alla memoria delle vittime della recessione che non guarda in faccia nessuno.

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