
Non l'avevo visto ma poi, raggiunto dai commenti sono andato sul sito Dagospia e ho guardato questo episodio televisivo torbido e purtroppo così autenticamente italiano, andato in onda domenica sera nella trasmissione di Giletti. C'era un tizio, ex brigatista rosso, di nome Raimondo Etro, arruolato nello spettacolo perché gode delle libertà civili che la Repubblica concede anche a chi ha sacrificato vite innocenti e se ne vanta. La sua migliore battuta, preparata con effetto draculesco è stata: «Io ho le mani bagnate di sangue, ma meglio bagnate di sangue che di acqua come Ponzio Pilato». La scena era accuratamente recitata con messa in mostra delle mani a vantaggio di telecamera. Che colpo mediatico. Che spettacolo. Tutta la città ne parla.
Giletti, che forse è troppo giovane per ricordare e troppo narcisista per misurare quel che ogni tanto gli esce dalla bocca, a un certo punto ha ammannito la seguente bufala: «Un tempo, almeno, i brigatisti guardavano in faccia coloro cui sparavano». No: è che non sa la storia. Qualcuno lo avverta: le parole di Etro sono state stupide, ignobili, cialtrone e preparate ad arte, ma il sagace conduttore dovrebbe imparare che i brigatisti non hanno mai guardato in faccia le loro vittime. Non sono mai stati dei combattenti, dei guerriglieri in azione, ma dei carnefici che uccidevano soltanto quando erano sicuri che la loro vittima fosse indifesa e voltasse le spalle. Per questo, compivano lunghe e accurate «inchieste»: per poter assassinare senza rischiare altro che il loro onore, mai più recuperato. Giletti ha fatto questa notazione del tutto sbagliata soltanto per un'abbuffata di narcisismo, raccontando al suo pubblico di aver udito qualcuno che, nientemeno, gli avrebbe detto: «Se non stai attento, potrebbero spararti in faccia». E giù applausi. La Santanché protestava vanamente annunciando che non avrebbe più partecipato a una trasmissione di Giletti in cui ci fosse il brigatista Etro. Cosa che ci ha fatto sospettare che il brigatista tutto sangue e sapone, sia in realtà un poveraccio a contratto, benché appesantito dalla panza e dagli anni, per fare la sua parte, a condizione (fittizia) di mantenersi entro certi limiti che però, poi, se li scavalca, meglio ancora così facciamo ascolto e domani tutti ne parlano. E ha ragione. Infatti, siamo qui sia pure con rossore a parlarne.
Ma non sappiamo scegliere se spendere parole per deplorare il vecchio con le mani all'acqua pazza, o dichiarare la nostra preoccupazione per le esibizioni incredibili del conduttore che si riscrive la storia, che peraltro non sa. Questo Etro ci ha fatto l'effetto di quegli orsi spelacchiati e incatenati che i domatori si portavano in un carro insieme alla donna cannone e il cane che parla per fare la loro corrida in piazza. L'orso doveva fare la faccia feroce e provocare riprovazione e paura, mentre il domatore doveva dar spettacolo della sua capacità di dominare una situazione pericolosa.
Giletti, nel suo piccolo, l'ha fatto: ha raggiunto la sua acme quando si è esibito in un minacciosissimo (rivolto all'orso brigatista): «Lei se adesso se ne va via di qua, vorrà dire che il taxi lo pago io!». Onestamente, alla fine non sai più se stare con l'orso ammaestrato o con il domatore trombone, entrambi specchio triste di un Paese perduto. Probabilmente, si replica.
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