"Così scampai ad un agguato". Chi era la suora uccisa in Mozambico

Suor Maria De Coppi, uccisa nella missione comboniana di Chipene, in Mozambico, era già sopravvissuta ad un'imboscata. In un'intervista aveva detto: "Gli ultimi due anni sono stati molto duri"

"Così scampai ad un agguato". Chi era la suora uccisa in Mozambico

La spietatezza dei guerriglieri e il terrore di finire centrata da una pallottola suor Maria De Coppi lo aveva già sperimentato. In Mozambico era scampata per miracolo ad un’imboscata in cui persero la vita 17 persone. "Viaggiavamo in convoglio, abbiamo sentito sparare, tutti hanno tentato di fuggire e anche io sono scesa dalla macchina strisciando a terra per evitare le pallottole, ho gridato Signore salvami", raccontava lo scorso ottobre con tono pacato a Mariagrazia Salmaso, direttrice del Centro missionario, la suora rimasta uccisa in un attentato jihadista alla missione di Chipene, in Mozambico.

Era tornata in Italia per effettuare alcuni controlli medici e non si era sottratta ad un’intervista con una web tv di Vittorio Veneto, La Tenda. Suor Maria raccontava di essersi salvata grazie ad un soldato che, scalza e senza occhiali, la portò in braccio fino ad un luogo sicuro. Classe 1939, questa missionaria comboniana nata a Santa Lucia di Piave, in provincia di Treviso, aveva preso i voti nel 1960. Tre anni dopo si imbarcava per la prima volta verso il Mozambico, a bordo di una nave portoghese. Un viaggio di 31 giorni che l'avrebbe condotta in quella che sarebbe diventata la sua seconda patria.

L'intervista

"Mi sento parte di quella terra e di quel popolo in mezzo al quale ho vissuto la mia vita", diceva la religiosa. Anche se, aveva confessato all’intervistatrice come gli ultimi due anni fossero stati "molto duri". "Al nord del Paese è in corso una guerra per i giacimenti di gas e la gente soffre e scappa: nella mia parrocchia ci sono 400 famiglie che arrivano dalla zona di guerra. Poi è venuto il ciclone. Infine l'anno scorso la siccità si è prolungata per tanto tempo. Oggi a Nampula c'è una estrema povertà", raccontava la suora.

In quasi sessant’anni di missione ha assistito poveri, sfollati e bisognosi. "Quando sono arrivata, - raccontava - i mozambicani si sentivano disprezzati per il colore della pelle e questo mi feriva, perché sono persone come noi". Nella parrocchia di Chipene venivano accolti i profughi in fuga dal fondamentalismo jihadista e dalla guerriglia che imperversa nel nord del Paese. Suor Maria e le sue consorelle si prendevano cura di loro, finché ieri notte il terrore è piombato sulla missione con fiamme, distruzione e saccheggi.

Sacerdoti e suore sono riusciti a mettersi in salvo trovando rifugio nella foresta. Suor Maria, invece, è stata uccisa a bruciapelo. Nella notte alla Diocesi di Pordenone sono arrivati anche i messaggi disperati di don Loris Vignandel, poi sopravvissuto all’agguato: "Qui sparano. Ci vediamo in paradiso. Stanno incendiando la casa. Se non vi risento, approfitto per chiedervi scusa delle mie mancanze e per dirvi che vi ho voluto bene. Ricordatevi di me nella preghiera. Se il buon Dio me ne darà la grazia, vedrò di proteggervi da là. Ho perdonato chi eventualmente mi ucciderà. Fatelo pure voi.

Un abbraccio".

Ad esprimere cordoglio per la morte di suor Maria è il mondo della politica e dell’associazionismo cattolico, la Cei, il comune di Pordenone e la Regione Veneto, con il presidente Luca Zaia.

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