L'audizione tragicomica della viceministra per caso

Doveva essere l'occhio vigile del Movimento su via XX Settembre. E invece si esibisce in una performance infelice

L'audizione tragicomica della viceministra per caso

Doveva essere l'occhio vigile del Movimento sulle mosse di via XX Settembre. Una sorta di commissario politico, voluto da Luigi Di Maio per tenere a bada Giovanni Tria, ministro dell'Economia che i Cinque stelle guardano con un misto di diffidenza e sospetto. Un mese dopo la sua nomina a viceministro, invece, nella commissione Bilancio della Camera Laura Castelli si esibisce in una performance che definire infelice è un eufemismo. Durante la seduta sul rendiconto finanziario, infatti, all'incalzare delle domande l'esponente grillina tentenna al punto che buona parte dei deputati presenti restano esterrefatti. «Non è possibile», sbotta l'ex ministro Pier Carlo Padoan guardando incredulo i colleghi della Commissione. Mentre l'azzurro Felice D'Ettore, che prima di arrivare a Montecitorio era ordinario di Diritto privato, non si tiene: «Ma chi ci hanno mandato? Io a questa manco 18 gli davo...».

Insomma, una prestazione disastrosa quella della Castelli. Che, d'altra parte, non è nuova alle figuracce. Quella di ieri in Commissione non è stata pubblica o a favore di telecamere, certo. Ma l'impatto è fragoroso se il tema in Transatlantico è al centro delle chiacchiere e delle ironie dei deputati fino a sera. E se persino il presidente della Bilancio Claudio Borghi non ha pietà. Pubblicamente, come gli impone il ruolo, cerca di difendere la Castelli, spiegando che il punto «non sono le misure specifiche» ma «i saldi complessivi». Più tardi, però, racconta ai colleghi nel capannello in mezzo al Transatlantico Guido Crosetto, «Borghi è venuto da me e mi ha detto ridendo facciamo altre due o tre volte così che in Commissione poi ci mandano il viceministro buono, cioè Massimo Garavaglia». Che, detto per inciso, è della Lega proprio come Borghi. E a Crosetto replica proprio un deputato del Carroccio: «Povero Garavaglia... Proprio l'altro giorno mi diceva mica posso fare tutto io». Gli altri che fanno capannello - tra loro l'azzurro Francesco Cannizzaro e i dem Pietro Navarra e Luigi Marattin - sorridono o annuiscono. Peraltro, è stato proprio l'incalzare di quest'ultimo ad aprire la strada allo scivolone. L'esponente del Pd, infatti, chiede conto del perché «nell'assestamento c'è una diminuzione di imposte indirette di 6,5 miliardi e parallelamente un aumento di imposte dirette di 2,5 miliardi». Una domanda a cui il viceministro replica con un «evito di commentare» per poi dire che «è dovuta all'evoluzione del quadro macroeconomico». A questo punto è D'Ettore a chiedere perché «l'evoluzione del quadro macroeconomico ha effetti negativi sulle imposte indirette e invece positivi su quelle dirette» e la Castelli si «riserva di rispondere dopo un approfondimento». Si passa alla riduzione dei trasferimenti alle amministrazioni pubbliche e qui il viceministro risponde parlando d'altro, con conseguente battibecco. Ed è a questo punto che - tra lo stupore generale - la Castelli, all'apice del nervosismo, sbotta: «Ah vabbé, se questo è il vostro atteggiamento, allora sto zitta!».

Dopo la surreale puntata di Otto e mezzo in cui ammetteva candidamente di non sapere cosa votare in un eventuale referendum sull'uscita dall'euro e le ripetute gaffe agli Stati generali dei commercialisti, dunque, il viceministro Castelli incassa un'altra figuraccia. Che potrebbe non essere l'ultima. A differenza dell'Aula dove non c'è il cosiddetto «corpo a corpo» (quasi sempre i rappresentanti del governo leggono risposte preparate dagli uffici legislativi), nelle commissioni lo scontro diretto e frontale è all'ordine del giorno.

E basta guardare i nomi dei deputati

d'opposizione in Bilancio - tra gli altri, oltre all'ex ministro Padoan c'è anche l'ex presidente della Commissione Francesco Boccia - per capire che quando a ottobre arriverà la manovra ci saranno altre giornate di fuoco.

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