"Sia chiaro: non sono un negazionista, né un pro-salviniano. Semplicemente credo che il lockdown non serva a reprimere l'epidemia". Giovanni Dosi, professore ordinario di economia alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e membro della prima task force di Conte, boccia le misure dell'ultimo Dpcm e spiega al Giornale.it gli effetti di una chiusura generalizzata.
In questi giorni la possibilità di un lockdown è al centro del dibattito politico e delle preoccupazioni dei cittadini. Quali sono gli effetti di una chiusura totale?
Credo che il lockdown, come anche altre restrizioni meno ferree, servano solo a diluire la pandemia nel tempo, ma non a reprimerla. Per reprimerla sarebbe necessario adottare la soluzione cinese, in cui si isolano insieme le persone positive, come fosse un campo di concentramento, ma è una cosa che una democrazia occidentale non può fare e non vogliamo che venga fatta. Tutte le altre misure, come anche un lockdownd ferreo, simile a quello fatto in primavera da noi, non reprimono la pandemia. Si tratta di una soluzione che diminuisce molto i contatti tra le persone, eccetto quelli all'interno delle famiglie. Così, a parità di condizioni, aumenta la carica virale all'interno delle famiglie, perché si sta rinchiusi: ormai il 75% delle infezioni avviene dentro il nucleo famigliare.
Perché ricorrere alla chiusura generale?
Essenzialmente i lockdown vengono fatti quando il sistema sanitario non ce la fa più, perché non si può far morire la gente sulle ambulanze. Il difetto, però, sta a monte: in una sanità che è stata massacrata dai tagli e delle privatizzazioni. La sanità lombarda negli ultimo 20 anni è stata massacrata e sono stati eliminati i medici di famiglia, che dovrebbero essere il filtro agli accessi in ospedale. Ci sono medici che curano i pazienti a casa, nel caso in cui non sviluppano sintomi acuti: se tutti facessero così gli ospedali non sarebbero intasati.
Cosa pensa dell'ultimo Dpcm? Sono utili queste nuove misure?
No. Ovviamente bisogna tenere mascherine, distanziamento ed evitare affollamenti. Ma, detto questo, le altre misure non sono utili, perché il virus non è notturno, non è un pipistrello. E chiudere teatri, ristoranti e cinema non ha nessun senso, è semplicemente una violazione arbitraria delle libertà individuali, oltre che a un colpo tremendo ad alcune categorie di persone, dai ristoratori, ai tassisti, fino ai lavoratori dello spettacolo. E non c'è nemmeno un guadagno dal punto di vista protettivo. Se dal Nord al Sud non si è fatto niente in termini di aumento delle terapie intensive, o se le terapie intensive sono aumentate ma senza assumere nuovi infermieri, allora il sistema sanitario si intasa bene presto e c'è chi invoca la chiusura, che a quel punto deve essere una chiusura totale. Ma mi sembra insensato che venga fatta pagare ai cittadini l'incompetenza ripetuta e sistematca dei governanti.
Cosa andava fatto?
Oltre all'espansione dei posti letto, bisognava intervenire sulla medicina di prima istanza, con i medici di base. Loro avrebbero dovuto essere il filtro con l'ospedale.
Quali sono le soluzioni ora?
A questo punto bisognerebbe chiedere ai medici di visitare la maggior parte della gente a casa e di curarli nei limiti del possibile, così da evitare di mandare inutilmente le persone al pronto soccorso. Bisognerebbe anche limitare il panico. Per il resto, non ci sono molte altre soluzioni, perché a questo punto o si fanno lockdown cattivissimi ma francamente inaccettabili, o non si riesce a diluire la pandemia: ormai il 75% delle infezioni avviene dentro le famiglie, dove la carica virale è aumentata, perché prima si va in autobus e in treno e poi si torna a casa e si sta rinchiusi. Ma ci sono altre misure molto regionevoli.
Quali?
Raddoppiamo le corse dei trasporti, per evitare l'affollamento, usiamo i soldi pubblici per pagare i tassisti, perché portino i bambini a scuola. Una cosa fondamentale è non chiudere le scuole: vanno tenute aperte a tutti i costi. Prendiamo i francesi, che hanno imposto delle chiusure molto più rigide, ma tengono le scuole aperte, perché chiudere le scuole significa distruggere una generazione.
Facciamo un passo indietro. A marzo lei ha fatto parte della prima task force di Conte. Era a conoscenza dell'esistenza del piano pandemico di cui parlavano i rapporti del Cts?
Assolutamente no. Io facevo parte della task force relativa al Ministero dell'Innovazione e a noi di imput dal Cts o dalla presidenza del Consiglio non ne sono mai arrivati, quindi non ne ero a conoscenza. Ho letto poi sui giornali.
Tornando a oggi, queste misure non saranno efficaci?
La pandemia farà il suo corso. Secondo me, le misure produrranno una riduzione minima della velocità di diffusione.
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