L'hotspot a Taranto? "Sarà uno zoo"

L'imminente apertura di un nuovo hotspot in Italia, a Taranto (Puglia) ha sorpreso anche gli agenti della Polizia di Stato. La questura rischia di essere denunciata se dovesse applicare il "respingimento differito" (immigrati con il foglio di via, liberi sul nostro territorio)

L'hotspot a Taranto? "Sarà uno zoo"

“Mi dispiace dirlo, ma sarà uno zoo”, lo definisce così Vittorio Bombino, segretario provinciale di ADP (Autonomi di polizia), l’hotspot che il 28 Febbraio sarà aperto a Taranto in previsione dell’aumento di migranti annunciato qualche giorno fa dal Viminale in ragione di un accresciuto numero di sbarchi favorito dall'arrivo della primavera.
“Nella zona scarico merci del porto sarà recintata un’area molto grande per accogliere i profughi che non dovranno sostare per più di 72 ore. La tendopoli allestita accoglierà non più di trecento - quattrocento migranti per volta. Ma non basta. Ad esclusione dei gommoni, ci sono imbarcazioni molto grandi che trasportano i migranti ed arrivano ad accoglierne fino a millecento.” Si ferma il poliziotto e dopo un momento di esitazione continua: “Non abbiamo altre informazioni. Non ci è dato sapere. La notizia dell’apertura dell’hotspot a fine mese - tra ormai meno di una settimana – l’abbiamo appresa dalla stampa. Dopo l’annuncio di Alfano circa un anno fa non abbiamo saputo più nulla”. L’assurdità della solita situazione “all’italiana”: gli operatori della Polizia di Stato non conoscono nulla di più di quello che sanno i lettori di giornali e siti. Inoltre, in una nota stampa di Autonomi di Polizia e della Confederazione sindacale autonoma di polizia, si legge che “c’è una visione strategica della problematica limitata, poiché i fenomeni relativi all’immigrazione e alla sicurezza interna sono legati tra di loro. In diverse occasioni siamo già intervenuti ed abbiamo affermato che il risultato dei tagli lineari alle Forze dell’Ordine sarebbe stato sicuramente quello di avere un paese in cui la sicurezza dei cittadini non poteva essere garantita, considerato il trattamento che il Governo riserva ai tutori della legge e dell’ordinamento pubblico”.
Sorgerà un hotspot (struttura allestita per identificare in modo rapido, registrare, fotosegnalare e raccogliere le impronte digitali degli immigrati) in Puglia, a Taranto, tra pochi giorni e non è assicurata nessuna tutela non solo per chi arriva, ma anche per i tarantini e i pugliesi.

Questo fa il paio con le dichiarazioni di Enzo Pilò dell’associazione onlus Babele che assiste i profughi: “Se dovessero chiudere le frontiere dalla Turchia, dovremo aspettarci un’ondata massiccia di immigrati in Italia. Il problema ci sarà se la questura non dovesse rispettare la legge applicando i ‘respingimenti differiti’ per chi non ottiene il diritto di richiesta di asilo”. La situazione è più complicata del previsto. Secondo Pilò, infatti, “la legge prevede che ogni persona abbia il diritto (soggettivo) a fare domanda di asilo, invece qualcuno pensa che sia la nazionalità un fattore discriminante per chiedere asilo; in questo modo, persone che arrivano dal Maghreb o dall’Africa Sub-sahariana vengono respinte con un foglio di via e immesse sul territorio senza documenti. Questo ovviamente crea una situazione tale per cui i migranti non avrebbero mai un contratto di lavoro regolare o un regolare contratto di casa e comunque in grave violazione della legge perché essendo un diritto soggettivo, le condizioni devono essere realizzate singolarmente. Le richieste dovrebbero essere valutate caso per caso proprio perché si tratta di un diritto soggettivo. O lasciati liberi sul nostro territorio con un foglio di via che si chiama respingimento differito. L'hotspot potrebbe essere a Taranto un pericolo perché noi avremo il territorio invaso da persone che non hanno la possibilità di regolarizzarsi e vivere in una condizione di riconoscimento del loro status. Mario Morcone, capo dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione del ministero dell’Interno, nella sua ultima circolare ha avvisato le questure che sono soggette a denunce per il respingimento differito.”

Una situazione paradossale se si pensa che, a detta del presidente dell’associazione Babele, “ con il respingimento differito si ha l’obbligo di allontanarsi dal territorio italiano entro una settimana dalla frontiera di Fiumicino e non è chiaro come un immigrato che scappa dalla fame e dalla guerra possa arrivare a Fiumicino e poter acquistare un biglietto aereo in poco tempo per tornare nel proprio paese. Questa pratica messa in atto dalle questure negli ultimi mesi è una follia.” “Io l’hotspot non l’ho visto” esordisce Simona Fernandez dell’associazione onlus Salam impegnata nell'accoglienza dei migranti “ma ritengo che il Ministero dell’Interno, insieme alla questura e alla prefettura, abbiano tutti gli strumenti di valutazione necessari per poter aprire l’hotspot a fine mese. Ho lavorato al fianco delle istituzioni finora e continuerò a farlo e posso dire che ci sono persone professionalmente molto valide e all’altezza per affrontare la situazione, sia nell’ufficio immigrazione che in tutti gli altri dipartimenti della questura che affiancano le operazioni. Sono felice che tra tutte le città che hanno accolto gli sbarchi, il Governo abbia scelto Taranto. La decisione è anche in funzione delle capacità tecnico-organizzative della prefettura e della questura della città. L’Italia sta facendo quello che dovrebbe fare l’intera Europa, pertanto sono fiera del mio stato e di come Taranto stia lavorando in questo senso.” Già, l’Italia e in particolare la Puglia e la Sicilia, sono vittime di una politica europea che non vuole addossarsi il peso dell'emergenza. A pagarne le conseguenze, però, sono gli immigrati che non riescono ad ottenere lo status di richiedenti asilo e che circolano liberamente e clandestinamente (paradosso) sul territorio italiano e i pugliesi e siciliani che devono già affrontare i problemi interni (disoccupazione, criminalità, scempi ambientali) a cui aggiungere l'emergenza sicurezza sul territorio. L’hotspot viene quindi definito “una fabbrica di irregolari”. Secondo fonti di stampa, “la denuncia è contenuta nel dossier sui centri di identificazione presentato dalla commissione diritti umani del Senato: l’unico risultato tangibile è l’aumento di stranieri con in mano un decreto di respingimento differito che di fatto rimangono poi nel territorio italiano”.
Nello specifico, “la commissione ha visitato il primo degli hotspot aperti nel nostro paese, quello di Lampedusa, rilevando che tra il1 settembre 2015 e il 13 gennaio 2016 sono arrivati sull’isola 4.597 cittadini stranieri: di questi ne sono stati registrati e identificati 3.234 (870provenienti dall'Eritrea, 848 dalla Somalia, 711dalla Nigeria, dal Marocco 535, 235 dal Sudan, 222 dal Gambia, Mali 133, Guinea 130, Siria 129, e numeri più bassi da altri paesi). Ma al programma di ricollocamento hanno avuto accesso solo 563 persone (circa il 12 per cento del totale). Di queste 279 sono già state trasferite nei paesi di destinazione, mentre 198 sono in attesa di partire. Altre 86 hanno avviato la procedura i primi giorni di gennaio. Come previsto dal piano europeo si tratta di eritrei (nella maggior parte dei casi), insieme a siriani e iracheni. Le persone che, invece, hanno manifestato la volontà di chiedere asilo nel nostro paese sono 502 (10 per cento).


Alla fine, dunque, le domande rimangono sempre le stesse: “i diritti umani sono rispettati? Il governo italiano riuscirà a fronteggiare, ormai solo, l’emergenza immigrati e gli italiani, i pugliesi in particolare, sono tutelati? L'Italia e chi cerca di fuggire alla fame e alla guerra possono essere ancora umiliati con l'apertura dell'ennesimo "zoo"?

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