"La magia era nel mio destino Da ragazzino stregai Welles"

Il grande mago si racconta tra dive, politici e attori a cui prestava le mani: "Era una carriera strana. In prima media papà mi portò dallo psichiatra"

"La magia era nel mio destino Da ragazzino stregai Welles"

«Adesso, dalla mia vasta libreria, la prego, scelga un libro, ecco, questo di Ongaro? Va bene. Lo sfoglio, quante pagine sono, 300? Le do le spalle, lei scelga una parola, una a caso. Ha scelto? Ora pensi intensamente alla parola, lettera per lettera, ecco, vedo... vedo come una croce, una “T”, poi come una scala, tre stanghette, è una “E”, poi ecco la “R”, un'altra “R” e poi ancora una scala, ma lei è fissata con le scale, è una “A”». La parola era terra. Incredibile. Ha letto nel pensiero. La magia – si chiama mentalismo - è di Silvan, il mago veneziano, trapiantato a Roma ormai da tanti anni. Nel salotto di casa sua al Gianicolo ripete l'esperimento che fece nell'82, ripreso dalle telecamere della Rai, e che poi diventò il «duello a distanza» con Gustavo Rol, una celebrità a Torino per i suoi poteri paranormali. «Ma io non ho sfidato nessuno – dice Silvan – è stato il giornalista che mi ha provocato. Anzi, durante la mia permanenza a Torino avevo chiesto molte volte a Rol di incontrarci, ma non ha mai voluto». Aldo Savoldello – è questo il suo vero nome - lo racconta nel suo libro, appena uscito per Mondadori, Silvan – La magia della vita , insieme ai mille trucchi e palcoscenici che ha calcato in questi anni di successi magici.

È stato nei più grandi teatri del mondo, ma come ha iniziato?

«All'oratorio Don Bosco di Venezia. All'epoca era l'unica possibilità per un ragazzino. Allestivamo delle recite e, dopo ogni spettacolo, mi chiedevano di esibirmi con le mie magie».

Quanti anni aveva?

«Nove. Cercavo di stupire chi avevo di fronte. Poi a 11 anni mi esibii in uno spettacolo per miei coetanei, laici e preti per 4 ore e mezzo: ancora non so come ci riuscii. Parlavo, parlavo, e incantavo la gente... Forse il piccolo maghetto è nato lì».

Insomma ha iniziato la carriera di mago.

«Allora sembrava un po' strano. Mi rinchiudevo nella mia stanzetta a studiare libri di magia e di occultismo che acquistavo sulle bancarelle dell'usato veneziane. In prima media papà mi portò dallo psichiatra. Mi bruciò due valigie coi giochi e i trucchi che avevo costruito perché mi allontanavano dallo studio. Bisogna capirlo, una volta il prestigiatore non esisteva, al massimo qualcosa nelle pièce di Eduardo De Filippo, ma erano figure dal comportamento ambiguo e furbastro. Anni dopo l'ho anche conosciuto».

Lavorò con Eduardo?

«Lui era attratto dai maghi incontrati nella sua Napoli e mi chiamò per una ripresa di Sik Sik l'artefice magico e per La grande magia . Poi, anni dopo, feci la consulenza per La grande magia diretta da Strehler al Piccolo Teatro di Milano».

Comunque il suo era un destino segnato dalla magia, nato fra le calli di Venezia...

«Una volta, tornando da una festa fra amici, ci fermammo per assistere alle riprese di un film in costume. Il direttore di produzione mi invitò a esibirmi per un signore in costume. Non sapevo chi fosse, era imponente, aveva una risata sonante, mi sembrava Mangiafuoco».

E poi?

«Poi presi una chiave, la feci sparire e gli dissi di guardare nella sua tasca: era lì. Offrì il gelato a tutti. Dopo anni scoprii che era Orson Welles, stava girando Otello . Appassionato di magia, agli esordi fece anche degli spettacoli con Marlene Dietrich. Comunque all'epoca ignoravo chi fosse, ero un ragazzino e mi facevo chiamare Saghibù».

E la tv quando è arrivata?

«A 19 anni, con Primo applauso , presentato da Enzo Tortora e Silvana Pampanini. Fu lei a suggerirmi il nome Silvan».

Fu un'idea della Pampanini?

«Mi disse: “Il mio nome ti porterà fortuna, togliamo la “a” finale, è anche internazionale...” Ed era vero. Nel 1966 mentre lavoravo al Moulin Rouge di Parigi arrivò un funzionario Rai e iniziò a parlarmi in francese: quando seppe che ero veneziano, rimase stupito. Forse non pensava che un italiano potesse eccellere nella manipolazione delle carte».

Che cosa voleva?

«Mi chiese di esibirmi per la sigla tv di Scala reale, la Canzonissima di allora. Facevo apparire dalle mani vuote ventagli di carte da gioco. Ne manipolo 140, e ancora oggi mi esercito tre ore tutti i giorni».

Ma com'era arrivato al Moulin Rouge?

«Dopo Primo applauso cominciai a esibirmi a Roma, alla Rupe Tarpea: due spettacoli a sera e poi un altro, all'una di notte, nel night club sotto il locale, frequentato dai grandi nomi del cinema e della dolce vita. Il mio cachet era 6.000 lire al giorno. Un impresario francese mi chiese se volevo fare uno show all'Olympia, prima dell'esibizione di Edith Piaf. Era la fine degli anni Cinquanta. Io la Piaf non sapevo nemmeno chi fosse, ma accettai».

È stato sul palco con Edith Piaf?

«In realtà non l'ho neanche vista, e a posteriori mi dispiace. Dopo il mio spettacolo il manager mi condusse al mio albergo. Comunque in seguito tornai in questo famoso music hall per tre mesi con Josephine Baker».

Ha conosciuto moltissime dive a Parigi...

«Mi esibivo all'Abc con Juliette Greco e sovente eravamo invitati a cene dove incontravamo una moltitudine di personaggi del mondo della cultura, dell'arte, della politica. Una volta Marc Chagall mi fece uno schizzo. Con Josephine Baker ci siamo poi esibiti insieme a Capodanno alla Salle Pleyel per De Gaulle, mi presentarono anche lui».

E che cosa le disse De Gaulle?

«Con la sua voce tonante: “Bravo, J'aime la magie”, amo la magia. Josephine sovente mi chiamava nel suo camerino per fare un gioco con le carte: ne facevo scegliere e firmare una, poi lanciavo il mazzo in aria e una sola rimaneva attaccata al soffitto, quella firmata».

Incantò anche BB?

«Me la presentò un'amica, Dominique Bosquero, ex fidanzata di Alain Delon. Eravamo all'Alicorn, locale allora up to date di Parigi con il Chez Regine, al tavolo c'erano anche Aznavour e Marc Camoletti. Feci dei giochi per lei. Sono stato un uomo che ha avuto la fortuna di incontrare tante donne stupende, ma sa qual è la donna più talentuosa dello spettacolo?»

Chi?

«Raffaella Carrà. È straordinaria. Un talento puro. Un'altra bravissima era Isabella Biagini, bellissima, platinata e dal talento multiforme, la volli nel mio Sim Sala Bim del '76, al sabato sera. In America sarebbe stata una star».

Lei ha prestato le mani a molti divi...

«Una volta Carmelo Bene mi chiese di prestare le mani niente meno che a Dio, nella sua Salomé ».

Che cosa fanno le mani di Dio?

«Si muovono e poi fanno apparire un foulard. Poi le prestai a Gassman, per il film Senza famiglia con Villaggio. E a Mastroianni, per Diamonds for Breakfast . Quando ero a Londra al Palladium venne a vedermi e diventammo amici. Nel '78 gli chiesi di partecipare come ospite alla puntata di Natale di Sim Sala Bim per la prima volta a colori e ne fu entusiasta».

Ma a Londra si è mai esibito per Sua Maestà?

«Una volta al Palladium, c'era anche la Regina a vederci e poi venne a salutarci. In Portogallo feci uno show per l'ex re d'Italia Umberto II di Savoia, che mi regalò un frac. Al G7 di Versailles indovinai quanti soldi aveva in tasca Reagan: venti dollari. Feci lo stesso trucco in Vaticano al cardinal Sodano che mi disse: “Lei è il diavolo!” E poi ho conosciuto il principe De Curtis, e tanti altri ancora come racconto nel libro».

Col pubblico della tv italiana ha sempre raggiunto picchi di ascolto strepitosi, come col suo spettacolo “La grande magia” con cui gira per l'Italia, con la regia di suo figlio Stefano...

«La magia affascina milioni di persone, e finché esisteranno due persone sulla terra, una cercherà di stupire l'altra, perché i maghi, se lo ricordi, non hanno età».

Ma è vero che non ha mai indossato un paio di jeans?

«Vero. Solo una volta, in tv, misi un abito in jeans chiaro».

Il mago dei sogni da ragazzino?

«Mandrake».

Un sogno ancora nel cassetto?

«Recitare Shakespeare a teatro, come attore».

Ha rimpianti?

«Noo, nessuno. Rifarei tutto».

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