Marco Giuliani lavora alla Bei (Banca europea per gli investimenti) da quasi 8 anni, prima nell'ufficio legale (è avvocato) e da un anno e mezzo nella strutturazione di investimenti per lo sviluppo in Africa e Caraibi. In queste zone geografiche la Bei è molto attiva come agenzia di sviluppo: ogni investimento, come ci spiega Marco, deve corrispondere a una logica di impatto per il Paese ricevente, ad esempio in termini di creazione di lavoro e/o infrastrutture, ma allo stesso tempo deve essere "bancabile", ovvero sostenibile su un piano finanziario. La Bei non fa finanziamenti a fondo perduto, perché considera che questi creino una distorsione dell’economia di mercato e non portino a un reale sviluppo (la Cassa del Mezzogiorno ne è un esempio).
Perché hai lasciato l'Italia?
Sono partito nel 2007, principalmente perché avevo perso fiducia nell'Italia. Avrei potuto rimanere, avevo un buon lavoro e ben pagato, l'economia andava bene e la crisi non era prevista, ma ero arrivato al punto di non credere più che il nostro Paese stesse andando nella direzione giusta, c'era sfiducia diffusa, una politica inconcludente, una disgregazione sociale avanzata. Avevo l’impressione che sempre meno persone credessero di contribuire a una qualche forma di bene comune. Ripensandoci oggi, credo di aver fatto bene anche se il prezzo personale è stato alto.
Ora come ti trovi?
A lavoro benissimo, non potrei trovarmi meglio. Sul piano personale, mi piace molto vivere nel nord Europa, trovo la società generalmente più rispettosa delle persone e del loro equilibrio tra lavoro e vita privata. Nella città dove vivo, Lussemburgo, i servizi pubblici, l'ordine, la pulizia, gli uffici pubblici, gli asili, le ciclabili e via dicendo sono perfetti. La presenza di persone provenienti da tutta Europa e da fuori rende la vita qui molto interessante. Contrariamente a quanto si crede, Lussemburgo non è un Paese artificiale, ma ha una forte identità, una storia travagliata di Paese di confine, ed anche una campagna verde ed estesa (credo sia grande circa quanto l’Umbria). Ciò detto, è chiaro che l’Italia e il suo stile di vita mi mancano molto.
Avevi valutato altre soluzioni?
Pensavo soprattutto a Francia e Inghilterra. Ma poi è anche il caso a decidere.
Ti pesa essere andato via dall'Italia?
Personalmente sì: ho tutta la mia vita precedente in Italia, gran parte dei miei amici, la mia famiglia. Inoltre mi trovo bene con gli italiani, sono italiano e mi sento molto affine, ad esempio sul senso dell'umorismo, sui riferimenti e sui gusti che ci accomunano. All'estero alcune nostre abitudini, come vedersi per cena, o uscire a prendere un caffè o un gelato, sono interpretate in modo più rigido e formale; in Italia conversare e creare legami sembra sempre così naturale! Aldilà del piano personale, però, quando si tratta di rapporti professionali, in Italia si eccede nella prevaricazione e nella negazione della vita privata delle persone: ad esempio, per molti è importante vedere che una persona lavora fino a tardi, che è disposta a passare l’weekend in ufficio senza preavviso e simili. Alle donne vengono dati i mesi legali di maternità, ma quante sono quelle che poi al ritorno si trovano demansionate in mille modi? Come si può pensare di fare una famiglia in queste condizioni? E più in grande, come si può pensare di creare un Paese in cui i giovani considerino il lavoro come un progresso, e non una triste necessità?
Torneresti? A quali condizioni?
È molto difficile fare previsioni. Se cercassi, credo che troverei anche oggi un lavoro interessante e ben pagato, quindi non è quello il punto. Mi piacerebbe tornare e trovare un ambiente sano, competitivo ma in modo corretto e su base meritocratica, dinamico, in cui ognuno ha la sensazione di partecipare alla vita della comunità più ampia, in cui aprendo un giornale non si è soffocati da corruzione e malagestione a ogni livello. Oggi ho una figlia, e sono responsabile anche nei suoi confronti dell’ambiente in cui la farò crescere.
Cosa rimproveri a chi ci governa? Che suggerimento vorresti dare a chi governa oggi l'Italia?
Quello che manca in Italia, credo, è l'esistenza di regole chiare e eque, e applicate a tutti in modo imparziale. Ognuno ha la tendenza a sentirsi solo, a pensare solo per sé, e a non aver nessuna fiducia nei servizi pubblici e nel ruolo della comunità, che è percepita come un ostacolo mangiatasse e non come una risorsa. E il peggio è che, come le profezie che si autoavverano, probabilmente questo atteggiamento è anche giustificato. Uno Stato autorevole, che faccia regole che siano percepite come eque e giuste, e che le applichi in modo imparziale sia a chi sta in fondo alla scala sociale (immigrati, disoccupati) sia a chi sta in cima (grandi imprese, politici, funzionari) potrebbe essere l'inizio di un lungo cammino per fermare la disgregazione sociale in atto.
Secondo te ha qualche marcia in più ha il Lussemburgo rispetto a noi nel campo di tua competenza?
Non credo, anche se il mio campo è troppo specifico. Ma in generale in campo finanziario, per quanto Lussemburgo sia una grossa piazza, non può competere con Milano. Al contrario, credo che siano le competenze di Milano (e delle altre piazze europee) che vengono qui per motivi fiscali e di buona qualità delle infrastrutture di mercato, e fanno grande questo Paese.
Come ti vedi tra dieci anni? E come vedi l'Italia tra dieci anni?
Chi lo sa. I nostri difetti sono ben noti e di lunga data, e abbiamo sprecato almeno venti anni dietro a una classe politica che oltre le promesse non ha mosso una virgola; anche adesso, aldilà dei proclami, non vedo miglioramenti sostanziali rispetto al lento declino degli ultimi anni. Eppure il rischio del fallimento dovremmo averlo ben presente, essendo così vicino a noi: ho sentito i racconti di amici greci su quello che succede nel loro Paese, e spero di non doverlo mai vedere a casa nostra.
Sulla base delle tue esperienze internazionali, quali ritieni che sia il principale gap dell'Italia a livello europeo?
Secondo me la classe politica e indirettamente la testa della gente, quindi. Purtroppo una pessima dirigenza determina cattiva educazione, cattiva informazione, e alla lunga pigrizia e stagnazione anche in quelle che altrimenti sarebbero le migliori energie del Paese.
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