Quando ad essere in odore di reato sono i politici di centrosinistra le procure usano i guanti bianchi. Bianchissimi. Si muovono con cautela, cercano di non creare scandalo, rinviano l'apertura delle indagini e fanno di tutto per evitare che una loro mossa possa mettere in imbarazzo il sinistro di turno.
È il caso, stavolta, di Ignazio Marino. Nei giorni scorsi, infatti, la Procura di Roma ha formalizzato l'apertura di un fascicolo sulla vicenda rimborsopoli che ha investito il sindaco capitolino. Solo un fascicolo, per carità, senza alcuna ipotesi di reato. A quel punto sarebbero dovute scattare le indagini, gli investigatori avrebbero dovuto acquisire tutte le fatture e verificare se è vero o meno che Marino è colpevole di peculato. Come ipotizzano le opposizioni, da FdI ai 5 Stelle, che hanno presentato esposto in procura.
Invece a palazzo di Giustizia tutto è fermo. I giudici attendono "gli sviluppi del caso Marino" prima di prendere una decisione se aprire o meno un processo. Il procuratore capo Giuseppe Pignatone, il procuratore aggiunto Francesco Caporale e il pm Roberto Felici si sono parlati. E hanno deciso per l'immobilismo. Non sia mai che l'apertura delle procedure giudiziare possa sparigliare le carte - già confuse - che il Pd di Renzi deve provare a rimettere a posto. La decisione presa, insomma, è quella di aspettare la prossima settimana. Nemmeno la Gdf si è ancora mossa per andare in Campidoglio a prendere tutti i documenti.
Chissà cosa sarebbe successo se nella bufera ci fosse
stato un politico di centrodestra. Storia ci insegna che in questi casi nessun Pm si è mai posto la questione. Quando il potere è rosso meglio aspettare. Se è azzurro (o verde) allora no: colpire senza pietà.
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