
"Mediobanca, soltanto bugie su Cuccia e Maranghi" è un titolo di prima pagina su Il Giornale di ieri che rappresentando le tesi del Signor Fabrizio Palenzona, colpito anni fa da innamoramento verso Enrico Cuccia e Vincenzo Maranghi, cerca di sostenere che quanto io scrissi anni fa nel mio libro "Lampi nel Buio" pubblicato da Mondadori e quanto ho ripubblicato sull'ultimo numero di MF/MilanoFinanza, sarebbero " bugie". Le bugie, casomai, le dicono i bambini. Ma evidentemente il Signor Palenzona cerca di essere infantile per non essere querelato, non ricordando che i giornalisti, quale io sono, vengono querelati e non querelano, anche se ricevono insulti infondati. È il caso mio anche perché non c'è nella lettera (o articolo?) del Signor Palenzona una informazione una che dimostri l'infondatezza di quanto ho scritto, che non ripeterò di nuovo in questa lettera per non occupare troppo spazio a Il Giornale, avendo già occupato varie pagine del mio libro e molto spazio sul giornale di cui sono direttore ed editore, come scrive, non senza una qualche forma di ipocrisia, il Signor Palenzona senza mai aggiungere il mio nome e cognome.
La sua tesi è che io sarei sempre dalla parte dell'ex-presidente del Senato, nonché senatore a vita, nonché storico presidente delle Generali, ex collega e amico di Enrico Cuccia e qualificato (da Palenzona) massone Cesare Merzagora. No, Signor Palenzona, se con questo Lei avesse voluto sottintendere che io possa essere massone, non solo si sbaglia perché non lo sono, non sono neppure iscritto a una bocciofila; ma trascura il fatto che casomai Cuccia, non so Maranghi, era in realtà massone. Esattamente come Merzagora. Allo stesso modo in cui lei ricorda di essere (lo è ancora non essendoci più la Dc?) democristiano di sinistra. Ma il punto fondamentale è un altro. Io non ho scritto opinioni o incensamenti e condanne come lei fa, non solo verso il Ragionier (sì Ragioniere, nonché antifascista e partecipe della Resistenza, Merzagora, nominato senatore a vita nel 1963 dal presidente della Repubblica, Antonio Segni), anche nei confronti del dr. Cuccia e dr. Maranghi. I giornalisti dovrebbero solo scrivere fatti, quando raccontano e opinioni quando esprimono opinioni. E io ho il difetto di scrivere sempre fatti, avendolo imparato a Panorama diretto da Lamberto Sechi, che aveva brillantemente coniato per il settimanale della libera Mondadori lo slogan "I fatti separati dalle opinioni". Sono i fatti che determinano le opinioni che ognuno si forma. E non c'è un fatto che io ho scritto che Lei è stato in grado (e non sarà in grado) di smentire, pur essendo l'errore un segno di umanità. Le dispiace perché i suoi idoli, da democristiano di sinistra, sono diventati il dottor Cuccia e il dottor Maranghi di cui ho descritto i comportamenti? Per esempio il fatto che il dr. Cuccia, con senso di responsabilità, dopo aver subito, per mano di un emissario mafioso l'esplosione sulla porta di casa sua in via Maggiolini a Milano di qualcosa di più di un petardo, pensò che era consigliabile andare a incontrare clandestinamente a New York l'ex-amico Sindona? Il dr. Cuccia fece sicuramente bene ad andare a parlare a New York con il bancarottiere siciliano, ma fece malissimo, per la sua esasperata riservatezza, come poi fu accertato, a non informare la polizia su quanto Sindona gli aveva preannunciato e cioè l'intenzione da parte dello stesso Sindona di farla pagare, come la fece pagare, mandando un sicario a uccidere uno straordinario servitore dello Stato quale fu l'avvocato Giorgio Ambrosoli, diventato commissario giudiziario delle fallite banche di Sindona. È essere contro il suo mito Cuccia aver ricordato nel mio libro (dopo quello che avevo scritto in precedenza, sempre da Mondadori, insieme al mio collega e amico a Panorama, Maurizio De Luca intitolato "Il Crak, Sindona, la Dc, il Vaticano e gli altri amici"), appunto aver ricordato che Cuccia non ritenne di informare la polizia di quanto Sindona gli aveva preannunciato? Forse allora, dopo l'attentato sul suo portone di via Maggiolini, Cuccia, come può accadere per un essere umano, ebbe paura per se stesso e per la sua famiglia. Ma Cuccia era oggettivamente molto più di un normale essere umano, era un'eminenza assoluta e forse, con un racconto alla polizia di quanto gli aveva anticipato Sindona, avrebbe salvato la vita di un grand'uomo come Ambrosoli anche se si sarebbe complicato la sua. Ma sui fatti ognuno può formarsi l'opinione che vuole. E io ho manifestato tutta la mia compassione per quanto accaduto.
Sono stato di fatto offensivo verso il suo mito Cuccia a ricordare questi fatti o anche quelli riguardanti il dr Maranghi? Per esempio, quando ho scritto riguardo a questo suo secondo mito: "Il braccio destro di Cuccia è morto così male, e umanamente me ne dispiace, perché egli, Maranghi, non è mai riuscito ad accettare il licenziamento da Mediobanca - la sua e di Cuccia Mediobanca - che Cesare Geronzi e Marco Tronchetti Provera gli comunicarono come decisione del sindacato di controllo?".
E mi fermo, per rispetto dello spazio de Il Giornale, ma io ho scritto informazioni, Lei, Signor Palenzona, ha scritto opinioni. Ognuno ha il diritto di averle, anzi il dovere, ma Lei non è un giornalista, è un super manager con intensi trascorsi politici e pensa di riscrivere la storia con le sue idee non con i fatti. E di quelli da me scritti non ce n'è uno che Lei, Signor Palenzona, possa smentire.
Naturalmente, con il mio convincimento delle regole di chi fa il giornalista riportando fatti, sono grato al direttore de Il Giornale di pubblicare queste mie poche, esemplificative, righe rispetto alle tante del Signor Pallenzona e di aver messo, per il titolo sulle bugie le virgolette, essendo quella una opinione pallenzoniana, che i veri giudici dei giornali, cioè i lettori, potranno sempre confrontare con i fatti narrati su MF/MilanoFinanza ancora in edicola e permanentemente in digitale sul sito di MilanoFinanza.it.
Buon lavoro per la Sua Prelios, Signor poliedrico Pallenzona, visto tutte le esperienze che ha fatto da quella politica come ex-sindaco di Tortona, ex-militante delle Acli, ex-presidente della Provincia di Alessandria, ex-presidente della Federazione Autotrasportatori, consigliere e poi presidente della fondazione Crt, vicepresidente di Unicredit e consigliere di Mediobanca, in rapporti con quel bellimbusto di Giampiero Fiorani E pensare che, lo confesso, come manager attuale di Prelios l'ho stimata. Ma come pseudo giornalista, no proprio no, anche se per ora scrive più lettere ai giornali che veri articoli.Paolo Panerai
Editore e direttore di "Milano Finanza"