Cronache

Il militare pestato dal migrante: "Certo di morire, salvato dal mio collega"

Michele De Filippo, l'appuntato aggredito da un migrante a Frosinone: "Ho pensato al peggio. Che non avrei avuto scampo e che non avrei rivisto i miei familiari"

Il militare pestato dal migrante: "Certo di morire, salvato dal mio collega"

Fa il modesto, Michele De Filippo. L'appuntato scelto che mercoledì scorso è stato steso dal pugno sferrato da un migrante a Frosinone dà tutto il merito al collega che era con lui e che ha impedito accadesse il peggio. Godsent Harmony, ospite in un centro di accoglienza, aveva infatti raccolto una spranga con cui avrebbe voluto concludere quanto iniziato con il colpo all'orecchio del carabiniere (poi rovinato a terra).

"Ero a terra mentre il mio collega, con grande coraggio, bloccava quell'uomo - racconta De Filippo al Tempo - Ha protetto tutti, me che ero semi cosciente e i tanti cittadini terrorizzati da una violenza inaspettata. È stato lui il vero eroe, l'appuntato scelto Giancarlo Lauretti. Perchè non ha perso la calma ed ha cercato di fermare quel ragazzo senza che lo stesso avesse a sua volta conseguenze fisiche".

L'appuntato è ancora in un letto di ospedale, visto che quel pungo gli è costato 25 giorni di prognosi. Il militare a farsi curare, il migrante già libero. Paradossi di un'Italia dove il giovane nigeriano pesta le forze dell'ordine, viene catturato, condannato a due anni e mezzo di galera, subito rimesso in libertà e arrivederci. "La centrale ci ha chiamati per un intervento di routine - racconta l'appuntato al Tempo - Una lite in un ufficio pubblico. Non appena entrati ci siamo diretti verso le persone coinvolte nella diatriba: il direttore e un giovanissimo straniero che lamentava la mancata erogazione di un bonifico. Abbiamo placato gli animi e cercato di tranquillizzare il ragazzo. Nel momento in cui stavamo per controllare le generalità di entrambi, come di prassi, è accaduto il tutto. In una frazione di secondo. Mi sono ritrovato a terra dopo aver sentito un colpo fortissimo alla testa, pensavo di morire".

Non vuole commentare la liberazione del suo aggressore. Ma la paura l'ha provata mentre, come si vede dalla foto, era disteso a terra con il mondo che girava attorno "come una trottola". "Non pensi mai che queste cose possano accadere a te - dice - ho pensato al peggio. Che non avrei avuto scampo e che non avrei rivisto i miei familiari. Poi, però, ho sentito la voce del collega, ho sentito la sua mano che mi dava coraggio ed ho capito che potevo farcela. Il lavoro di squadra ha salvato entrambi ed ha evitato che anche persone innocenti venissero coinvolte. Se qualcuno doveva farsi male certo non avrebbe dovuto essere un cittadino.

Perchè siamo carabinieri e dobbiamo essere sprezzanti del pericolo".

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