Cronache

Un ricordo dell'imprenditore Luigiterzo Bosca, morto a settant'anni

Aveva contribuito a fondare l'Istituto di Studi Mediterranei all'Università della Svizzera italiana. Si è spento il 23 giugno

Un ricordo dell'imprenditore Luigiterzo Bosca, morto a settant'anni

Trovo che sia una brutta abitudine quella di pubblicare i necrologi. Indro Montanelli, che non li poteva soffrire, aveva deciso di devolvere in beneficenza i proventi dei necrologi. Mi accorgo quanto fosse giusta questa decisione di fronte alla perdita di un amico che probabilmente era uno dei più grandi industriali del vino in Italia e in molti altri paesi in cui aveva stabilito delle imprese con il suo marchio. Si è spento all’età di settant'anni, leggendo i giornali nella sua casa di Canelli lunedì lunedì 23 giugno. Vorrei ricordarlo e ricordarlo a chi, fra i miei lettori, lo consoceva partendo dal nostro primo incontro in quella stessa casa molti anni fa.

Non sapevo nulla di lui se non che aveva uno stabilimento in Ticino. Volevo interessarlo all'idea di creare all’università di Lugano un Istituto di Studi Mediterranei per studiare la possibile applicazione del concetto di neutralità al conflitto medio orientale. Mi lasciò parlare e chiese: "quanto le occorre?", "Due milioni di dollari", risposi. Replicò: "Anche se li avessi non glieli darei. No si gettano soldi guadagnati col lavoro su una idea tutta da provare. Le dò il 5% di 2 milioni di dollari, per cinque anni. Se il suo istituto sta in piedi con le proprie forze, bene. Se no lo si chiude". 

L'istituto, che riunì attorno ai suoi tavoli i più innimmaginabili nemici e amici mediorientali, divenne finanziariamente indipendente dopo quattro anni. La Cooperazione del Governo svizzero credette nel progetto che finanziò per anni. Oggi tanto i soldi che l’Istituto sono scomparsi, ma con Bosca ne era rimasto orgoglioso. 

Anche i più incalliti accademici sentono a volte il bisogno di dire grazie. Gli espressi gratitudine, scrivendo una Storia dei Bosca, un libretto oggi stampato in varie lingue. Tracciava la storia di questa dinastia di vignai canalesi dal tempo (1835) in cui spedivano lo spumante con i buoi attravreso la Liguria; con le navi a vela agli emigranti piemontesi di New York; coi TIR in Europa orientale. Bosca si accorse che il mercato dello spumante era troppo stretto e che c'era troppa concorrenza. Passò a quello delle bibibite che fecero di Bosca e del suo Canei un marchio conosciuto nel mondo. Troppo per non essere comprato da una multinazionale. Occorsero dieci anni per inventare il "Verdi", frutto delle centinaia di fallimenti racchiusi ciascuno in una bottiglia dei musei di Casa Bosca. Gli altri sono per l'arte in quella Cattedrale delle Cantine, trasformata in centro di dibattiti, concerti, incontri su cui ha messo l’occhio l’UNESCO, senza dimenticare le altre attività come la villa per i bambini di Chernobil.

Quando decise di andare in pensione (si fa per dire) e lasciare l’impresa ai figli, gli chiesi cosa lo avesse veramente spinto nella vita di business. Rispose: "Creare milionari. Entrare in patnership minoritaria con qualche azienda o persona, trasferirgli il know how e l'esperienza manageriale e poi lasciarla correre sulle sue gambe". Quando chiesi quanti milionari avesse creato (eravamo 2006), mi rispose che ne aveva creati una ventina dalla Svizzera alla Cina, dai paesi baltici all’India.

Negli ultimi tempi, quando si trovava in Italia, mi veniva a trovare, all'ospedale o a casa. Nonostante i venti e più anni che ci separavano, la conversazione verteva sul senso della vita e della morte. 

Nell'ultimo incontro, giovedì scorso, ci trovammo d’accordo che il segreto della vita consiste non nelle differenti religioni e filosofie, ma nella capacità di avere sempre coscienza di avere una coscienza.

Tutto il resto è interpretazione.

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