La tragedia del Mottarone

Mottarone, spuntano 3 testimoni: "Cosa abbiamo visto"

Tre testimoni hanno raccontato cosa hanno visto e sentito sul Mottarone la mattina della tragedia. Una escursionista ha parlato di cabina troppo bassa che quasi sfiorò la testa

Mottarone, spuntano 3 testimoni: "Cosa abbiamo visto"

Quella tragica domenica 23 maggio, sul Mottarone, poco prima dello schianto della funivia costato la vita a 14 persone, tre testimoni che stavano facendo una passeggiata si accorsero che qualcosa non andava.

I racconti di 3 testimoni

Marcella Pepice si trovava sul punto di rottura, proprio la mattina della tragedia, insieme a un paio di amici: “Stavo facendo una passeggiata con una coppia di amici sul sentiero che porta al Mottarone, ero giunta quasi all'arrivo della funivia, proprio sotto la stazione. Mi sono girata per fare qualche foto e ho visto la cabina che stava salendo adagio adagio. Siccome faccio spesso questo sentiero, già mi era capitato di vedere la cabina in fase di arrivo. Ma questa volta ho notato una stranezza: era troppo bassa rispetto al solito. E così ho allertato la mia amica Marianna, dicendole di spostarsi”. Avevano la cabina praticamente sulla loro testa. O almeno è stata questa l'impressione dei testimoni.

Per cercare di capire cosa sia successo quel giorno, gli inquirenti hanno chiesto la consulenza del professor Giorgio Chiandussi. Come sottolineato dal Corriere, gli esperti di impianti a fune hanno però invitato alla prudenza: “La quota della cabina non è determinata dalla fune che si è rotta ma da quella portante, che è rimasta integra, così almeno pare”. Ma non è stata la sola testimonianza riportata dal gruppetto di escursionisti. Un’altra, ritenuta importante ai fini dell’indagine in corso, è stata depositata agli atti del procedimento. A parlare è stato Renzo Libanoro, il marito di Marianna, che ha riferito di aver sentito poco dopo “un rumore molto forte e strano, assomigliava a una frustata. Ha avuto una durata di circa cinque secondi. Sono riuscito a vedere un cavo d'acciaio che si era staccato... La parte finale era collegata a qualcosa delle dimensioni di circa mezzo metro”. Gli ingegneri dovranno fare adesso le loro valutazioni, poteva forse trattarsi della parte terminale della fune dove sembra ci sia stato il distacco.

Nella giornata di ieri l'avvocato Marcello Perillo, difensore di Gabriele Tadini, il capo servizio della funivia e al momento il principale indagato, ha chiesto al giudice per le indagini preliminari, Donatella Banci Buonamici, un incidente probatorio con l’obiettivo di anticipare l’acquisizione delle prove sui motivi del cedimento della fune. Scritto in tre pagine scarse si legge: “Causa primaria della caduta della funivia”, e ancora: “Dal momento dell'incidente sono già trascorsi 11 giorni, si tratta di radura boschiva di libero accesso”. Frase che tende a sottolineare come vi sia il rischio che la prova possa venire alterata con il passare dei giorni, “visto il passaggio di persone anche non addette”. Come per esempio escursionisti, giornalisti o anche solo curiosi.

La richiesta della difesa

La richiesta di incidente probatorio nasce "al fine di evitare l'eventuale compromissione della formazione della prova" ed è possibile in termini di legge, perché l'accertamento, se disposto a dibattimento potrebbe determinare una sospensione superiore ai 60 giorni. La prova da assumere con l'incidente probatorio è la perizia sulla fune "in particolare la tipologia e le cause del cedimento della fune traente, causa primaria della caduta della funivia" e anche una"perizia sull'impianto frenante e sulla centralina dello stesso, nonché sulle cause del mancato azionamento dello stesso". Sempre nelle tre pagine si legge che si tratta di elementi "determinanti per pervenire alla decisione dibattimentale in quanto serviranno a definire il determinismo casuale dell'evento".

Secondo l'avvocato Perillo è necessario agire velocemente, senza aspettare l'eventuale processo, proprio perché le "modificazioni che potrebbero intervenire sulla prova da assumere determinerebbero l'impossibilità materiale di compiere l'atto stesso o ne potrebbe derivare un'alterazione tale per cui possa ritenersi pregiudicato il risultato delle operazioni". Sulla richiesta del legale si pronuncerà il gip, in tempi stretti e dopo le dovute considerazioni della procura.

Nerini indagato in altri 2 procedimenti

La difesa di Tadini ha nominato come consulente il professor Andrea Gruttadauria, esperto di ingegneria dei metalli, che ha aggiunto: “Degrado significa perdita di dettagli utili alla comprensione del cedimento”. L’avvocato Pasquale Pantano, difensore di Luigi Nerini, gestore e titolare della Ferrovie del Mottarone, ha reso noto che non si opporrà. Nerini è risultato indagato in altri due procedimenti per un altro impianto, gestito sempre da lui che non ha nulla a che vedere con la funivia. Si tratta infatti di una pista su rotaia che si snoda sul pendio della montagna, l’Alpyland. Nel 2017 era rimasto ferito un dipendente, mentre nel 2019 a ferirsi era stato un passeggero.

Due le denunce in quattro anni che sarebbero, per chi se ne intende, nella norma.

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