"Nessun indagato". Per le toghe c'è libertà di rave

La procura di Milano ha chiesto l'archiviazione per i giovani che invasero e devastarono un capannone industriale

"Nessun indagato". Per le toghe c'è libertà di rave

Libertà di rave a Milano? Mentre sono ancora fresche le immagini impressionanti della tre giorni di musica, alcol e droga andati in scena nel weekend in un’area dismessa a Torino, dal capoluogo lombardo arriva una notizia che va in senso contrario agli appelli alla fermezza circolati nelle ore scorse. La Procura della Repubblica ha infatti chiesto l’archiviazione del procedimento a carico dei partecipanti ad un raduno analogo effettuato due anni fa a Settala, alle porte della metropoli.

Una faticosa indagine dei carabinieri aveva portato a individuare cinque dei giovani che tra il 25 e il 26 maggio 2019 avevano invaso e devastato un capannone industriale, all’insegna non solo della musica a tutto volume ma anche dell’odio contro le istituzioni, come testimoniano le scritte trovate all’indomani del rave. Ma il pm titolare del fascicolo non ha neanche iscritto i cinque nel registro degli indagati, affermando che la sola presenza sul luogo non dimostra la loro responsabilità nei reati contestati.

La linea soft della Procura è però andata a cozzare contro il diniego del giudice per le indagini preliminari Guido Salvini. Nel provvedimento depositato oggi Salvini afferma che almeno per uno dei reati, ovvero l’invasione dell’edificio, la presenza sul luogo è un elemento d’accusa più che sufficiente. E poiché le indagini dei carabinieri dimostrano senza dubbio la presenza dei cinque, il giudice ha ordinato la imputazione coatta dei giovani raver.

Nella sua ordinanza , Salvini bacchetta pesantemente la linea della Procura accusandola di avere “sostanzialmente abbandonata” l’inchiesta.

Eppure i partecipanti “non potevano non avvedersi della situazione di completa illegalità in cui si trovavano… del resto porte e cancelli erano stati divelti e abbattuti e i manifesti proclamavano esplicitamente che quella non era una festa in un locale ma un momento di lotta”. Ai partecipanti venivano fornite persino le indicazioni legali cui attenersi in caso di intervento delle forze dell’ordine.

Eppure in tutto ciò la Procura non aveva ravvisato estremi per processare nessuno.

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