Coronavirus

"Non mandateli a far tamponi": è bufera sui medici di base

Code al drive-in per il tampone e attesa di ore. L'appello ai medici di base: "Siate come vigili urbani. Aiutateci a non mandare in tilt il sistema"

"Non mandateli a far tamponi": è bufera sui medici di base

"Aiutate il sistema affinché non vada in tilt". È l'appello che il direttore sanitario dell'ospedale Spallanzani, Francesco Vaia, ha rivolto ai medici di base, data la "situazione di estrema confusione", causata dalle diverse normative che regolano Regioni, Province e a volte singole Asl. Le code ai drive-in per il tampone e l'attesa di ore sono "una situazione inaccettabile".

Nel 50% delle Province italiane, il medico di famiglia non è autorizzato a richiedere direttamente il tampone per la ricerca biomolecolare del nuovo coronavirus, secondo quanto reso noto dalla Federazione dei medici di medicina generale. Ma "il tampone non è la terra promessa", specifica Vaia in un'intervista all'HuffingtonPost. Alla Casa della Salute di Labaro, quartiere a Nord di Roma, le auto erano in coda già dalle due del mattino, come raccontato da Ansa. Tutti attendevano di fare il tampone, prescritto dal pediatra o dal medico di base. "Noi siamo qui dalle 8.30, sono passate 12 ore e ancora abbiamo 15 persone davanti - ha raccontato una delle persone in coda ad Ansa -. In classe di Lorenzo c'è una compagna positiva, la cui ultima presenza è il 29 settembre, quindi tutta la classe è in quarantena". In questo caso, i contatti diretti, compagni e insegnanti, devono fare il tampone.

"Oggi la prima cosa da fare è non andare al pronto soccorso per evitare che si intasi. Abbiamo diversi strumenti, usati nei mesi della pandemia, che dobbiamo rispolverare". È il parere del segretario della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg) di Roma, che ha commentato la situazione del Lazio. "La cosa sbagliata- riprende il medico- è andare subito in ospedale". Anche in Lombardia, a detta del segretario regionale Fimmg, si richiano code: "Anche negli ospedali accreditati le attese possono arrivare a 5-7 giorni". Ma in questo caso è un problema di comunicazione: "Il referto magari è pronto, ma passano giorni prima che venga comunicato al paziente. È un problema di carenza di personale amministrativo. In alcuni casi siamo noi che dobbiamo chiamare il laboratorio per sollecitare il risultato. Anche perchè nel frattempo una persona rimane isolata una settimana, e se è negativo sono sette giorni buttati inutilmente".

Per spiegare la frenesia che si è creata, Vaia usa l'immagine di "una grande piazza completamente bloccata. Ingiustificatamente ed inutilmente bloccata. Tanta gente che spinge in tutte le direzioni come se volesse scappare da qualcosa o arrivare verso una meta. Scappare dal Covid-19 e andare verso la terra promessa tampone. Ma il tampone non è la terra promessa e non dobbiamo scappare". In questa fase, precisa Vaia, "non serve la corsa al tampone, che deve essere uno strumento e non un fine".

Per questo, il direttore dello Spallanzani esorta i medici ad essere "veramente il tessuto connettivo della società" e chiede di aiutare il cittadino ad orientarsi in questa situazione, "consigliandolo, accompagnandolo in questa fase difficile a vincere questa battaglia". Il medico viene paragonato a un vigile urbano che, dirigendo il traffico, consente lo scorrimento: "Oggi noi tutti stiamo intasando la piazza perchè non siamo bene orientati. Abbiamo bisogno del vigile urbano. Alto, autorevole, determinato, pronto ad agire: il medico del territorio, medico di famiglia, pediatra di libera scelta tra i primi".

Infine, dopo l'appello rivolto ai medici di base, il direttore dello Spallanzani si rivolge alla comunità: "Il nemico è forte ma non ci ha ancora messo alle strette.

Ce la faremo!".

Commenti