Partita a scacchi sul futuro di SuperMario

Punti di vista. L'orizzonte si è spostato, ora si guarda il Quirinale e poi più in là. La prima grande incognita riguarda il destino di Mario Draghi

Partita a scacchi sul futuro di SuperMario

Punti di vista. L'orizzonte si è spostato, ora si guarda il Quirinale e poi più in là. La prima grande incognita riguarda il destino di Mario Draghi. Il capo del governo non ama parlare di un suo trasferimento al Colle. Trova la discussione prematura, inopportuna e perfino di cattivo gusto. A chi gli chiede di svelare i suoi desideri la risposta è sempre la stessa: il mio orizzonte resta quello della legislatura, se poi dovesse accadere il «non detto» allora si vedrà. È una piccola mezza verità che serve a non creare turbative in una maggioranza che sta insieme per dispetto. La realtà è che la nomina del presidente della Repubblica è il fulcro di ogni prospettiva politica. Ci si ragiona giorno per giorno e va a sbattere con le ambizioni dei vari protagonisti in campo.

Enrico Letta è soddisfatto per la vittoria alle amministrative e si sta interrogando sul prossimo futuro. Draghi al Quirinale potrebbe avvicinare i tempi del voto politico. Il segretario del Pd non si nasconde più. È pronto a candidarsi come premier, scommettendo sulla coalizione larga e l'appoggio di Giuseppe Conte e magari di Calenda e di Renzi. È un'ambizione legittima, ma che non tutti hanno voglia di assecondare. Davvero è il caso di rinunciare allo scudo di Draghi? Al momento sembra essere lui il garante di ogni cosa, dall'Europa alla realizzazione di un piano di ripresa nazionale. Ecco allora che nello stesso Pd gli ex renziani come Andrea Marcucci allargano di almeno altri cinque anni l'orizzonte di Draghi a Palazzo Chigi. Il discorso più o meno è questo. Letta organizzi pure la grande coalizione, ma in caso di vittoria non dovrebbe essere lui a guidare il governo. L'uomo della provvidenza sarebbe sempre Mario Draghi, questa volta con una maggioranza in apparenza più omogenea. È uno scenario che piace a Letta? Non tanto. È il gioco di Matteo Renzi. Matteo invece ritiene che spendere la carta Draghi per il Quirinale non sia la cosa più saggia. Non è lì che esercita tutta la sua potenza. Per un po' si è lavorato per un Mattarella bis, ma l'attuale presidente ha ribadito la sua batteria di no. Renzi ha abbastanza coraggio per pensare a Berlusconi, perché in questo modo libererebbe i voti della destra moderata. È una mossa che converrebbe perfino al Pd, ma non è nella testa di Letta.

La cosa divertente è che con Draghi in campo Renzi finirebbe di nuovo per rovinare la festa proprio al solito Letta, che non vede invece l'ora di giurare il prima possibile nelle mani di Draghi, con al fianco un Conte ministro della giustizia. Tutto questo sembra solo un gioco di potere e di poltrone, ma ha a che fare con il futuro più o meno lontano di questo Paese.

L'errore è pensare che Renzi in questo caso sia machiavellico e Letta disinteressato.

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