Cronache

La Pasqua politicizzata dei vescovi: tutti i sermoni sui migranti

Migranti e accoglienza al centro delle omelie e degli auguri di Pasqua di tanti vescovi italiani. Così la Chiesa indirizza i fedeli in vista delle europee

La Pasqua politicizzata dei vescovi: tutti i sermoni sui migranti

Quella dei vescovi italiani è una Pasqua politicizzata. Non siamo dinanzi a un'innovazione così recente, ma le omelie, le riflessioni e le preghiere composte per queste festività si differenziano tra loro tranne per un aspetto: il continuo richiamo all'accoglienza dei migranti. Per papa Francesco la situazione di coloro che cercano di raggiungere le coste europee è una delle "croci" del nostro tempo. Lo abbiamo ascoltato ieri durante la Via crucis del Colosseo.

Prima del Santo Padre era stato il vertice dei presuli dell'Ue a lanciare un monito contro il populismo. Mons.Hollerich, lussemburghese come Juncker, ha parlato di "gioco infame". Gli ecclesiastici del Belpaese colpiscono in maniera meno dura. Le loro opinioni, per quanto mai scomposte, risuonano all'interno delle nostre chiese e non possono che essere recepite come indicazioni imperative da chi ascolta: un cattolico non può uscire dalla dicotomia dell'accogliere o del non accogliere. La scelta presentata è una sola.

Il vescovo Fernando Filograna, incaricato a Nardò - Gallipoli, ha citato la competzione elettorale del prossimo 26 maggio. Ha detto - in sintesi, come si apprende dalla Sir - quello che sostiene pure il pontefice argentino, cioè che l'Europa necessita di un "contributo di ognuno" in modo tale da rappresentare un "luogo di convivenza civile, rispetto e accoglienza". L'agenzia citata riporta un lungo elenco di dichiarazioni che, per buona parte, sono orientate a contrassegnare la medesima traccia dottrinale.

Scopriamo così che per il cardinal Montenegro, che è pure l'arcivescovo di Agrigento, in giro c'è "qualche profeta", che "cavalcando l’onda della paura, afferma che il problema sono i poveri-cristi che vengono dai sud del mondo”. Qualcuno fa eccezione e cita questioni di altra tipologia, ma la perdita dell'identità cristiana da parte del Vecchio continente, la crisi culturale della civiltà cristiano - occidentale, nelle "prediche" di tanti consacrati, sembra scomparsa. Sui radar è stato perso ogni segnale. Bisogna allora tornare indietro di qualche giorno e rileggere le diciotto pagine di Joseph Ratzinger oppure buttare un occhio sulle tante interviste rilasciate in queste settimane dal cardinal Robert Sarah per reperire un canovaccio cui noi europei eravamo abituati: quello contro il relativismo laicista e preoccupato per la diffusione del fondamentalismo islamico. La sciorinatura delle posizioni può proseguire con mons. Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani: "Pensiamo ai fratelli e alle sorelle che muoiono nel Mediterraneo: il loro silenzio - ha specificato, come si apprende sempre sulla Sir - è assordante, e mette sotto accusa la nostra capacità di accogliere, il nostro modello di sviluppo". Noi occidentali, insomma, sembriamo gli unici colpevoli. E ancora mons. Giuseppe Piemontese, che è il vescovo di Terni: per il rito della lavanda dei piedi ha scelto dodici migranti originari dell'Africa.

La Chiesa cattolica italiana, in vista delle elezioni europee per il rinnovo del Parlamento continentale, non sembra avere alcun dubbio sul tipo di comunicazione da proporre.

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