In pensione prima ma con un assegno ridotto anche fino a quasi il 30 per cento e con divieto di cumulo con altri redditi fino ai 67 anni. Il governo forse punta proprio alle penalizzazioni previste dalla quota 100 nella speranza che non tutti quelli che ne avrebbero potenzialmente diritto usufruiscano di questa opportunità. Ma è già diventato evidente che il budget previsto per il 2019 di 3,9 miliardi non è sufficiente e infatti ieri il sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon, ha annunciato che sono stati trovati altri 800 milioni per coprire le future richieste. Durigon ha pure confermato i calcoli sulla platea dei richiedenti: 350mila tra i quali gli statali sono 130mila. E sulle pensioni «non si tornerà indietro» assicura il vicepremier Luigi Di Maio. Le regole sono diverse tra lavoratori pubblici e privati e resta l'Opzione donna. Quota 100 è comunque una misura sperimentale che resta in vigore per tre anni dal 2019 al 2021. La prima finestra si apre per i lavoratori privati il 1° aprile 2019. L'assegno tocca a chi ha raggiunto i requisiti entro il 31 dicembre 2018 ovvero 62 anni di età e 38 di contributi. Progressivamente poi la finestra slitta di tre mesi rispetto alla data nella quale si raggiungono i parametri previsti. Per i lavoratori pubblici il semaforo verde scatterà soltanto dal 1° agosto 2019 e dovranno poi trascorrere sei mesi dalla data di raggiungimento dei requisiti per usufruire dell'anticipo.
Ma conviene davvero abbracciare la quota 100? Il principio è chiaro: vai in pensione prima dunque godrai della pensione per un periodo più lungo di quello previsto in precedenza quindi devi accettare di prendere un assegno più basso rispetto a quello che avresti percepito se fossi rimasto al lavoro di più. L'anticipo arriva a un massimo di 5 anni e per capire quanto si perde va calcolata la lunghezza del periodo di anticipo e anche l'entità dell'assegno: più è alta l'età meno si perde; più è alta la pensione più si alza la percentuale della perdita.
Nel caso in cui si vada in pensione con 62 anni e 38 anni di contributi con un guadagno di 30mila euro annui si perde il 22 per cento dell'assegno ma se lo stipendio si aggira intorno ai 150mila euro e si anticipa con quota 100, la perdita sale al 28 per cento.
Il Messaggero con una proiezione ha calcolato la perdita per chi aderisce a quota 100 per un assegno mensile di 1.500 euro. Con circa un anno e 9 mesi di anticipo, l'assegno pensionistico sarà di 1.129 euro rispetto ai 1.208 con la pensione di vecchiaia, meno 6,6 per cento. Ma con un anticipo pensionistico di quattro anni e sette mesi, la differenza tra l'assegno con anticipo e quello di vecchiaia tocca i 300 euro: 1.509 euro contro 1.800 euro.
Resta l'Opzione donna con la pensione ricalcolata con il metodo contributivo che costa fino al 25 per cento dell'assegno. È aperta alle dipendenti con almeno 58 anni e le autonome con almeno 59, con 35 anni di contributi. Un'altra opportunità è offerta dall'articolo 22 nel quale si apre quota 100 anche ai nati tra il '60 e il '62. Anche chi oggi ha 57 anni potrebbe rientrare nel triennio di sperimentazione e uscire nel 2021 a 59. Sempre però con precisi paletti tra i quali l'esistenza di un fondo di solidarietà e la disponibilità dell'azienda a coprire i costi. Premessa all'uscita l'esistenza di un accordo con l'azienda finalizzato al «ricambio generazionale» che preveda i lavoratori da assumere per rimpiazzare chi sceglie quota 100.
Un allarme è stato lanciato sul settore
sanitario dove l'adesione potrebbe riguardare 25mila medici ospedalieri. Anche se uscissero soltanto un migliaio di camici bianchi in più, rispetto ai previsti settemila, in molte strutture l'assistenza non sarebbe più garantita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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