Pentito “scoperto” chiede aiuto all’antimafia

Una storia particolare. Svelata per un errore l'indirizzo di un collaboratore di giustizia. Ora chiede maggiore tutela per sé e la famiglia

Pentito “scoperto”  chiede aiuto all’antimafia

Arriva da San Severo, in provincia di Foggia, l'appello di un pentito di mafia che sarebbe stato scoperto da chi gli dà la caccia e vuole “regolare i conti” per colpa, pare di un disguido burocratico.
Antonio Niro, un tempo molto vicino ad uno dei più potenti clan del foggiano, i Sinesi Francavilla, è diventato collaboratore di giustizia, volendo così cambiare la sua vita e quella della sua famiglia.

La scelta è ovviamente costata l'accusa più grave da parte degli ex sodali. Così Niro è diventato un “infame” per la malavita.
Avrebbe dovuto uccidere il magistrato Giuseppe Gatti. Si rifiutò, iniziando così a fuggire agli agguati del clan dal quale aveva preso le distanze e che sarebbe stato pronto a colpirlo. Niro decise di chiedere aiuto alla giustizia che lo mise sotto protezione. Finito il programma previsto per la tutela della sua incolumità, come suggerito dal magistrato di sorveglianza, insieme alla moglie e alla figlia, si è trasferito a 1200 chilometri di distanza con una nuova identità. Per ricominciare un'altra vita lontano dalla paura e dal pericolo. Lasciando, così, alle spalle il passato.

Non fila, però, tutto per il verso giusto. Una volta trasferito, si è recato alla prefettura del nuovo comune di residenza spiegando la necessità del cambio di nome. Detto, fatto. Ma il decreto con le sue nuove generalità e il nuovo indirizzo è stato spedito al suo Comune di origine, dov'era indicato nei registri il suo ultimo indirizzo conosciuto. Così, subito, nel piccolo paese, dove le voci corrono veloci, chi voleva sapere la sua nuova residenza, non avrebbe avuto difficoltà a saperla. Ma com'è potuto accadere? Perché questo errore?

Ora Niro vive

asserragliato nella sua casa. Ha già ricevuto “insulti, offese e minacce” come dichiara in un’intervista e chiede l’intervento della direzione distrettuale antimafia di Bari. “Mi devono aiutare” è il suo grido di dolore e paura.

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