Centinaia di macchine parcheggiate, famigliole equipaggiate da pic-nic, bambini che schiamazzano prendendo a calci il pallone. Il lunedì dell’Angelo, a Rigopiano, è così. E per i 29 angeli che il 18 gennaio del 2017 hanno perso la vita sotto il peso delle macerie non c’è cordoglio, né raccoglimento, neppure un fiore.
Tra quelle vittime ci sono anche Marco Tanda e la sua fidanzata Jessica Tinari. Il fratello di lui, Gianluca, adesso è presidente del “Comitato delle Vittime di Rigopiano”. Lo raggiungiamo via telefono, si sfoga amaramente, è arrabbiato ma non sorpreso: “Non è una novità, già a pasquetta dello scorso anno è accaduta una cosa simile”. All’epoca, però, l’esile recinzione che perimetrava il luogo della tragedia era ancora in piedi e così i turisti del macabro si sono dovuti accontentare di campeggiare all’esterno.
Stavolta però è andata diversamente. La vecchia recinzione è stata spazzata via dal vento e c’è chi ne ha approfittato spingendosi sin dentro ai ruderi dell’hotel per accaparrarsi un souvenir. “Hanno portato via dei pezzi di mercerie, si sono scattati dei selfie tra i detriti”, racconta Gianluca Tanda che ha più volte sollecitato la ditta che si occupa della bonifica dell’area a rinforzare la recinzione. Di fronte a quella che Tanda non esita a chiamare una “profanazione” è subito scattata l’indignazione dei farindolesi che hanno chiamato le forze dell’ordine. “Appena sono arrivati i carabinieri - spiega Tanda - c’è stato un fuggi fuggi generale, anche perché nonostante la recinzione crollata i cartelli con scritto che l’area è sottoposta a sequestro giudiziario sono ben visibili”. Alla fine sono circa una trentina le persone identificate e “noi - aggiunge - presenteremo la nostra denuncia”. E se potesse parlare con qualcuno di loro, Tanda, gli chiederebbe: “Perché?”. Ma nel mirino del Comitato non c’è solo chi ha ridotto l’hotel Rigopiano a un camping, ma anche chi “doveva garantire la custodia del luogo, tutti coloro che dovevano vigliare”. In queste ore, l’area è stata nuovamente recintata, ma ormai il danno è fatto. La speranza è che “una cosa del genere non si ripeta più”.
E ai familiari delle vittime non resta che guardare con fiducia al futuro. In ballo c’è il processo che chiarirà le responsabilità della tragedia, con 24 indagati tra cui numerose istituzioni coinvolte.
“Io - conclude Tanda - facevo il ristoratore, ma ormai l’impegno del Comitato mi assorbe a tempo pieno. Spero di ritornare presto alla mia attività, ma prima voglio seguire le evoluzioni delle indagini, nella speranza che entrino nel registro degli indagati anche nomi più grossi che, per ora, ancora non ci sono”.
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