Cronache

"Giulia la malvagia...". Chat choc del pedofilo che abusa di 3 bambine

"Pena pesante nei confronti di una persona con problemi mentali e totalmente incompatibile con il regime carcerario", spiega il legale dell'uomo

"Giulia la malvagia...". Chat choc del pedofilo che abusa di 3 bambine

Aveva creato un falso profilo Whatsapp per far cadere nella propria trappola sessuale tre minorenni (tutte di età compresa tra i 10 ed i 13 anni), ora finalmente il pedofilo ha ricevuto una pena esemplare durante il primo grado del processo che lo vede imputato per i reati di violenza sessuale aggravata, sostituzione di minore e produzione di materiale pedopornografico.

Il tribunale di Lodi ha inflitto al 50enne la condanna a 19 anni di reclusione, la più alta mai registrata nel nostro Paese per questo squallido e riprovevole genere di reato. L'uomo, un vicino di casa delle sue tre vittime, conosciuto nonchè stimato dalle rispettive famiglie, aveva finto di essere una giovane coetanea delle ragazzine, creando ad hoc un profilo Whatsapp. Uno strumento, questo, con il quale il pedofilo era riuscito ad agganciare le minorenni: "Giulia la malvagia", questo il nome scelto per il suo alter ego, era arrivata a soggiogare le sue tre vittime con richieste assurde e sempre più esplicite. Terribili le intimidazioni inviate dall'uomo alle ragazzine, nel caso in cui queste fossero venute meno alle sue richieste: il 50enne era arrivato addirittura alla minaccia di uccidere i loro genitori.

Spaventate ed impotenti, le minorenni si trovavano costrette ad eseguire gli ordini ricevuti dal pedofilo, che le accoglieva all'interno della propria abitazione per sottoporle a stupri ed abusi sessuali di vario genere.

Scene che, tra l'altro, sono state immortalate dalle videocamere sparse per tutta la casa dallo stesso maniaco, il quale tuttavia non si accontentava di quelle immagini registrate. Come riferito dagli inquirenti, infatti, il 50enne costringeva le sue giovani vittime anche a riprendersi nude o in atteggiamenti espliciti anche con il proprio telefono cellulare.

Le indagini, partite proprio con l'analisi dell'ingente produzione di materiale pedopornografico, sono state avviate nel 2019, anche se si riferiscono in particolar modo agli anni compresi tra il 2017 ed il 2018. Grazie a questi primi passi, la pm Alessia Manegazzo, della procura della Repubblica di Milano, era riuscita ad ottenere il fermo del responsabile circa 16 mesi fa. La competenza è stata quindi successivamente trasferita al Tribunale di Lodi, ed è qui che ieri, martedì 6 ottobre, è arrivata la pesante condanna da parte dei giudici Giuseppe Pighi, Ivonne Calderon e Sara Faldini durante il primo grado: richiesti 19 anni di pena oltre a 100mila euro quale risarcimento alle famiglie, costituitesi parte civile nel procedimento.

"Questa condanna stupisce, soprattutto perché si tratta di una pena pesante nei confronti di una persona con problemi mentali e totalmente incompatibile con il regime carcerario, che soffre di agorafobia e claustrofobia", spiega a "Il Corriere" il legale dell'imputato, avvocato Lorenzo Tornielli, pronto a fare richiesta di appello.

L'uomo è certo che sia stato"dimostrato che le ragazzine avessero consapevolezza di quanto facevano, come per noi è evidente da alcuni video e messaggi che abbiamo prodotto, e fossero anche coscienti che la figura della “maga” era una finzione".

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