Cronache

Pure il #MeToo delle suore: "Siamo troppo stressate"

Pure il #MeToo delle suore: "Siamo troppo stressate"

S ister Act, una stressata in abito da suora. Un sequel del celebre musical con Whoopy Goldberg con qualche gospel in meno e qualche disturbo psicologico in più. Veniamo a sapere, da un'inchiesta di Donne Chiesa Mondo, il mensile femminile dell'Osservatore Romano, che esiste un problema (...)

(...) di burnout nei conventi italiani. Le suore sono stressate come manager, lavorano troppo oppure portano un fardello emotivo troppo gravoso. Praticamente sono sull'orlo (di tonaca) di una crisi di nervi.

Della faccenda si è parlato in un recente workshop organizzato dall'Uisg, l'Unione internazionale delle superiori generali, che ha anche istituito una commissione triennale (si sa che la Chiesa non va mai di fretta) per studiare il fenomeno. Dice «suor Sigmund» Maryanne Lounghry, religiosa e psicologa australiana che ha diretto il laboratorio: «Non dobbiamo limitarci a intervenire sul singolo caso ma considerarci all'interno dell'ecosistema. La disparità di genere è uno dei nodi, dobbiamo chiederci cosa succede nella nostra Chiesa e nel Paese in cui operiamo».

Qui siamo in zona #metoo delle clarisse e al netto di qualche battuta che eviteremo di fare c'è poco da scherzare: tra i problemi del dossier «sorelle che sclerano» ci sono anche gli abusi sessuali che schizzano di ansia il passato della donna. «È difficile comprendere - spiega suor Maryanne - quando una sorella è stata abusata sessualmente; è una realtà quotidiana ma non ne parliamo per vergogna». E poi: «Una sorella può essere traumatizzata perché è stata abusata, o ha abusato di un bambino, o non ha denunciato un abuso. Dobbiamo tenere le antenne dritte e assicurarci che possa parlarne con qualcuno in totale sicurezza».

Ma tanti altri sono i fattori che minano i nervi delle sorelle: la mancanza di vocazioni, i conventi che chiudono, gli abusi di potere, il maschilismo, i rapporti con l'autorità, la separazione troppo netta tra consacrati uomini e consacrate donne, la vita sentimentale negata o attenuata, la pesantezza delle strutture dottrinarie e istituzionali, perfino - nel caso delle madri superiore - il logoramento da leadership prolungata. E poi ci sono i disturbi post-traumatici di chi è stato in prima linea sulla trincea del dolore e della sofferenza: assistere i poveri, gli ammalati, i rifugiati, gli schiavi, i fragili, vedere infermità e cadaveri porta quelle che sono pur sempre delle donne spesso giovani a esserne scavate, consumate. «L'Europa attraversa un momento molto difficile - spiega il cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della congregazione per gli istituti di vita consacrata - si chiudono molte case, ci sono molti abbandoni. La vita consacrata ha radici molto forti ma non ci si è accorti che alcune cose vanno cambiate perché sono invecchiate».

Meno confessionali, più lettini da psicanalista.

Commenti