Rambo torna nelle sale e assomiglia a Trump

Rambo torna nelle sale e assomiglia a Trump

Ve la ricordate la famosa frase di Donald Trump pronunciata contro i messicani? «Gli Stati Uniti sono diventati la discarica dei problemi di tutti gli altri paesi. Quando il Messico manda la sua gente negli Usa, non manda il meglio. Manda persone che hanno molti problemi e portano questi problemi da noi. Portano la droga. Portano il crimine. Sono stupratori. E alcuni, suppongo, sono brave persone». Ecco, sembra che Rambo: Last Blood, dal 26 settembre anche nelle sale italiane, quinta e, si suppone (anche per motivi anagrafici, viste le 73 candeline del protagonista Sylvester Stallone), ultima performance su grande schermo del reduce della guerra del Vietnam, sia un vero e proprio manifesto artistico e, a conti fatti, repubblicano, di quella dichiarazione. Del resto, Reagan ci mise l'imprimatur: «Ho visto Rambo, ed è un repubblicano...».

Il canto del cigno di un personaggio apparso, la prima volta, 37 anni fa, infatti, lo porta proprio in Messico, alla ricerca di una sorta di figliastra, prima rapita e poi drogata da un cartello messicano che avvia giovane ragazze alla prostituzione. Arrivando anche a sfregiarle e condannandole, spesso, alla morte prematura. E così, il patriota per eccellenza, paladino solitario, sorta di «giustiziere della notte», supera il confine per calare il suo muro umano contro assassini e stupratori messicani, cercando di salvare la giovane ragazza. Che è una strana evoluzione di un personaggio nato per ridicolizzare il comune sentire di chi trattava i veterani della guerra in Vietnam alla stregua di perdenti, di schegge impazzite.

In effetti, lasciati allo sbando e senza la percezione di cosa fosse il Ptsd (disturbo da stress post-traumatico), i reduci dal Vietnam trovarono in Rambo una sorta di bandiera, l'eroe positivo che poteva ridisegnarne la dignità sociale, creando, finalmente, empatia. La sua ribellione verso il potere forte che, nel film, lo aveva dimenticato e abbandonato, era il destino incarnato di tanti ex combattenti. Un eroe proletario che doveva ricordare come le guerre, per tanti ex soldati, continuavano anche a casa, nel quotidiano, ed erano anche più pericolose da affrontare. Il Rambo crepuscolare, di questo ultimo capitolo, è angosciante, cupo, amletico. Il suo «tornare a casa», che è stato il leitmotiv dei precedenti capitoli, in realtà è una strada senza fine. Lo vediamo ranchero, che accudisce cavalli, pulisce la fattoria, ma, al contempo, scava un immenso tunnel sotto la proprietà, dove conserva un arsenale da guerra. E sarà proprio qua sotto che, nella resa dei conti finale (una mattanza cruda, da stomaci forti, che neanche i migliori splatter avevano mai messo in scena), allestirà trappole mortali, mentre negli altoparlanti impazzano le note di Five to one dei Doors, che qualcuno interpreta con riferimenti proprio alla guerra in Vietnam (oltre che sessuali).

Un eroe che, durante il film, prende atto, ancora una volta, che il bene, purtroppo, raramente trionfa e che il male sia, spesso, la sola arma per estirpare la violenza. È un bel film questo ultimo Rambo? Sinceramente, lo sarà solo per i fan più sfegatati. La sceneggiatura, banalotta, pretende che lo spettatore comune debba accettare situazioni apparentemente irreali.

Lo Sly 73enne che, nel film, viene circondato da una quarantina di giovani e incazzati messicani, che lo riempiono di calci e botte provocandogli una commozione cerebrale, fosse stato nella vita reale, probabilmente, sarebbe finito nell'altro mondo; qua, invece, «risorge», come se nulla fosse, dopo appena quattro giorni. Sly si muove sempre più rigido e, quando parla (nella versione originale), si fa fatica a capire cosa dica; cercando, però, e riuscendoci, di dare una dignità alle scene di azione che lo vedono coinvolto. Stallone e il suo Rambo meritavano uno script più coinvolgente, una regia e un montaggio meno approssimativi.

Ci sono per fortuna, il meraviglioso faccia a faccia finale con il boss e la scena conclusiva da brividi, due momenti che mostrano uno spicchio di cinema in mezzo a tanta mediocrità. Anche se la saga di Rambo può permettersi di passare sopra tutti gli stilemi e uscirne ugualmente vincitrice.

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