Cronache

"Il razzismo è un fenomeno serio, giù le mani dal popolo Laziale"

Gli adesivi che raffigurano Anna Frank con la maglia della Roma appiccicati da alcuni tifosi laziali sulle vetrate della Curva Sud vanno condannati senza se e senza ma

"Il razzismo è un fenomeno serio, giù le mani dal popolo Laziale"

Gli adesivi che raffigurano Anna Frank con la maglia della Roma appiccicati da alcuni tifosi laziali sulle vetrate della Curva Sud vanno condannati senza se e senza ma. A maggior ragione - se ve ne fosse bisogno in questo capolavoro di assoluto autolesionismo - perché la curva Nord (casa del pubblico laziale più caloroso per chi non lo sapesse) era stata squalificata dal Giudice sportivo per due turni causa cori razzisti e la società - per tutelare la quasi totalità dei tifosi abbonati e innocenti che avrebbero perso la titolarità del biglietto per colpe altrui - aveva messo in vendita biglietti della curva opposta a una cifra simbolica di 1 euro. E pensare che la campagna era stata intitolata dalla Lazio "we fight racism", tanto per rafforzare il concetto della totale impotenza di società e stragrande maggioranza del tifo dinanzi alla demenza di un singolo o di un ristretto gruppo di "cani sciolti".

La dinamica che si scatena è paragonabile a un sassolino lanciato in uno stagno che si trasforma in poco tempo in un incredibile tsunami, con tutti pronti a salire sulla cresta o a fotografarlo per poi dileguarsi dopo poche ore e fregarsene dei disastri provocati dall'impatto: scusate se la metafora è forte, ma mediaticamente gli unici che ne escono con le ossa rotte sono la Lazio e i suoi tifosi, il danno di immagine è incalcolabile e domani i problemi rimarranno i medesimi di ieri.

La realtà è che i cretini e gli ignoranti albergano nelle tifoserie di tutte le società perché vivono nella realtà sociale, inconsapevolmente compiono atti o dicono cose di cui non comprendono il significato e la gravità. Il singolo autore o il ristretto manipolo di geniali sodali e autori del gesto molto probabilmente non conoscono nemmeno la storia di quella ragazzina sull'adesivo, non sanno cosa sia l'antisemitismo né il razzismo e probabilmente razzisti nemmeno lo sono in senso tecnico. Se vogliamo essere onesti quelle orribili e insensate immagini, accompagnate da scritte antisemite sono impresse da anni sui muri della Capitale e sono bipartisan. Ma è una realtà riscontrabile anche in altre città. Il problema è serio, è sociale e culturale, lo stadio è solamente un canale di sfogo come potrebbe esserlo un altro luogo di aggregazione di massa. Se quegli adesivi fossero stati appiccicati sulla vetrata di un pub, avrebbero avuto molta meno rilevanza, eppure la gravità nei fatti sarebbe rimasta la stessa. L'associazione tra identità sportiva di un club (compresa la propria tifoseria che quella identità la traduce in tifo e codici valoriali) e un fenomeno sociale che va ben oltre la stessa è un atto scorretto.

Proseguendo con quei problemi rimasti sul fondale mentre tutti cavalcavano lo tsunami, perché nessuno ci spiega come sia possibile che nel 2017 le sanzioni vengano inflitte a chi colpe oggettive non ne ha - come la società Lazio - che oltre a subire un danno mediatico non risarcibile, incorre in sanzioni pecuniarie e squalifiche di alcuni suoi settori di tifo, mentre i singoli autori spesso rimangono impuniti? Oltre il danno la beffa, visto che il club è sempre stato sensibile alla cultura della sportività, ma anche al rispetto delle diversità e vicina a molte realtà bisognose. Per non parlare degli stessi Irriducibili, spesso in prima linea su molti fronti sociali e autori di azioni apprezzabili, ma purtroppo inutili a colmare il gap reputazionale creatosi negli anni. E ancora, a cosa sono serviti gli anni delle restrittive misure identificative disposte dal Viminale - che hanno allontanato sempre più negli anni migliaia di semplici appassionati stufi di vivere il calcio con sovrastrutture e burocrazie imponenti quanto inefficienti - e le svariate telecamere con una capacità di ripresa nel dettaglio se non si riesce a prevenire questi fatti? Forse al circo mediatico bastava dipingere per l'ennesima volta l'orco con la sciarpa biancoceleste, scatenare l'indignazione dei benpensanti e poi affrontare le tematiche sostanziali solo dopo ( forse) aver convertito i sentimenti forti che suscitano questi temi in ascolti o clic? Se ci dovete dare in pasto alla pubblica piazza, almeno dateci il diritto di replica.

Non è giusto né accettabile che si associ un fenomeno così odioso e complesso come quello del razzismo al tifare determinati colori, come non è corretto il doppiopesismo dei mainstream media che ad orologeria tirano fuori piccole (in quantità, non in gravità) manifestazioni becere dei nostri tifosi e le giocano come fiches sul tavolo da poker, omettendo puntualmente di avere pari attenzioni per altre simili espressioni.

Il laziale è stato "costruito" con sapienza come un archetipo razzista. E' bersaglio comodo, semplice per tutti e fa audience dipingerlo così. Peccato che il vero sostenitore dell'aquila non sia come Bill Murray in "Ricomincio da capo", con il metereologo Phil Connors intrappolato in un circolo temporale in cui si ripetono gli stessi eventi ogni giorno e da cui non riesce ad uscire. Passano gli anni, mai l'occasione per maliziosi, manipolatori, disinformati o faziosi media di infangare il blasone e la storia di questo club. Sarebbe dura da accettare per tutti, figurarsi per il popolo di Bigiarelli: ci sono migliaia di persone che a distanza di 117 anni concepiscono il calcio e in generale lo sport con lo stesso sguardo dei soci fondatori.

Lazio emblema della Grecia olimpica, della lealtà verso l'avversario, della lotta all'imposizione e al sopruso, polisportiva fondata con il nobile intento di fornire l'occasione di praticare sport anche alle classe sociali meno abbienti, dati i costi elevati di alcune discipline. Nel 1921, quando i dirimpettai cittadini dovevano essere ancora concepiti - per volere di un disegno egemonico fascista che voleva contrapporre una forte realtà calcistica romana alle superpotenze del Nord - alla Lazio veniva insignita la Benemerenza di Ente Morale: il suo ideale sportivo veniva riconosciuto come esempio di rettitudine fra i giovani sportivi dell'epoca. Senza dimenticare i ragazzi "prestati alla Patria", che persero la vita in guerra dopo aver rappresentato i colori biancocelesti negli sport più disparati.

Una storia così densa di valori e valore che non poteva essere ignorata o peggio dispersa: esiste un centro studi che da anni ricostruisce con tanto lavoro e fatica fatti risalenti fino a un secolo fa'. Proprio Laziowiki - che sta ultimando un libro sulla storia degli atleti della Lazio nella Seconda guerra mondiale - ha scoperto che tra le fila biancoceleste militarono uomini morti nei campi di concentramento o nelle fosse ardeatine: Michele Sabatello della Canottieri Lazio e Arnaldo Tagliacozzo, difensore e podista, trucidati ad Auschwitz in quanto ebrei; Mafalda di Savoia ,secondogenita di Vittorio Emanuele III e socia della Lazio sin dal 1933, catturata dopo la firma dell'armistizio da Kappler e morta nel lager di Buchenwald; Manlio Gelsomini della sezione rugby, prima iscritto al Pnf e poi aderente alla Resistenza, catturato a ucciso nell'eccidio delle Fosse ardeatine.

Aldilà di studi più o meno approfonditi, a volte basterebbe un po' di onestà intellettuale. La disinformazione è forte, ma le radici salde di più.

Portate rispetto alla Lazio e ai suoi splendidi tifosi.

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